Penati e i timori per l’indagine «Se mi processano mi dimetto»

Penati e i timori per l’indagine «Se mi processano mi dimetto»

Che tirasse un brutta aria, se n’era accorto anche lui. Sull’orlo del precipizio, Filippo Penati. Dopo essere stato sindaco di Sesto San Giovanni, presidente della Provincia di Milano e vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, l’ex braccio destro del segretario Pd Pier Luigi Bersani finisce nel mirino della Procura di Monza per un giro di presunte tangenti sulla riqualificazione delle aree industriali Falck a Sesto, per i finanziamenti opachi alla sua fondazione «Faremetropoli» e per i lavori della terza corsia della Milano-Serravalle. A luglio, i pm escono allo scoperto con una serie di perquisizioni. Penati si scopre indagato. E al telefono con tale Alessandro (forse Alessandro Alfieri, già adddetto alle relazioni internazionali quando Penati era a Palazzo Isimbardi, e attuale vicesegretario regionale del Partico Democratico) non nasconde la propria preoccupazione.
«Adesso passiamo questi due consigli regionali - commenta -, vediamo a settembre quando torniamo... E se a settembre le cose capiamo che vanno per le lunghe, come io temo, io a quel punto do le dimissioni da vicepresidente. E se dovessi essere, tra 6 mesi, tra un anno, rinviato a giudizio, mi sospenderò dal partito». La conversazione è del 23 luglio 2011. L’intenzione del politico sembra quella di resistere il più possibile. Ma il tracollo è vicino. Penati, infatti, abbandona ogni incarico all’interno dei Democratici e la poltrona in Regione solo due giorni più tardi, il 25 luglio. Mentre il 5 settembre, viene silurato dal Pd.
Quei giorni di luglio, però, sembrano un baratro senza fondo. Penati è al centro della bufera, indicato dai pm come il regista del cosiddetto «sistema Sesto», quell’enorme torta che sarebbe spartita fra imprenditori, affaristi e politici. Piero Di Caterina è un fiume in piena. Il patron della «Caronte srl» (da tempo in contenzioso con l’Atm per la divisione dei profitti legati all’attività di trasporto locale) avvrebbe chiesto a Penati di fare pressioni in suo favore sui sindaci di Sesto e Cinisello Balsamo. Quando l’inchiesta viene a galla, Di Caterina viene indicato come la «gola profonda», quello che - tradito dal socio in affari - avrebbe denunciato lo scandalo ai pm. Anche l’imprenditore dei trasporti è sotto inchiesta, ma il clima ormai è da tutti contro tutti. E Penati è preoccupato. «È fuori di testa come non mai», dice al telefono. E gli investigatori della Gdf sottolineano come dai dialoghi intercettati tra Penati e il suo entourage «emerge la preoccupazione» per i «numerosi comunicati stampa» che Di Caterina stava inviando ai giornalisti.
Ma dalle carte dell’indagine emergono anche gli enormi appetiti che si sono consumati attorno ai terreni ex Falck di Sesto. A discuterne al telefono sono Gianpaolo Salami e Francesco Agnello, rappresentanti delle società Aesse e Fingest, il 20 luglio scorso. Entrambi sono indagati perché avrebbero fatto da «intermediari» nell’acquisto dell’area ex Falck da parte del costruttore Giuseppe Pasini, ricevendo oltre 2,4 milioni di euro per false prestazioni tramite le due società.

Agnello dice di «essere tranquillissimo» perché «so che non abbiamo dato soldi a nessuno». E Salami aggiunge: «Con quella gente non ci siamo mai voluti sposare, e malgrado tutto ben venga l’operazione della Falck, ne farei un’altra domani».

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