Penati, mani sulla Serravalle: ecco la lista dei raccomandati

In una lettera riservata le "segnalazioni" dei partiti. E a D’Alema inviato un progetto su Pedemontana

Penati, mani sulla Serravalle:  ecco la lista dei raccomandati

Il documento è «riservato e personale». È un fax che il 28 agosto del 2006 arriva sulla scrivania di Giordano Vimercati, all’epoca capo di gabinetto dell’allora presidente della Provincia Filippo Penati. A spedirlo è il consigliere d’amministrazione di Serravalle Massimo Di Marco, entrato nella stanza dei bottoni della società grazie alla nomina firmata il 13 dicembre di due anni prima proprio da Penati, ed è uno spaccato sulla grande mangiatoia politica che era diventata la spa controllata da Palazzo Isimbardi.
Si tratta di uno schema relativo ai «cda e cs (consiglio sindacale, ndr) società controllate» da Serravalle: la Sipit, la Valdata e la Serravalle servizi. «N.B. - si legge in calce al documento depositato agli atti dell’inchiesta sul sistema Sesto - in neretto sono indicati i nominativi segnalati dal prof. Bellavite Pellegrini (già consigliere d’amministrazione di Serravalle spa, ndr), in carico alla Margherita». I nomi? Antonioli, Perticaroli, Tamberi. Dunque, uno dei partiti dell’Ulivo aveva piazzato le proprie pedine nelle infrastrutture lombarde. Ma che a sinistra fossero attenti ai destini di Serravalle emerge anche in altre carte, a partire dalla lettera scritta il 28 aprile del 2006 dall’ex assessore ai Trasporti del Comune di Milano Giorgio Goggi all’allora sindaco Gabriele Albertini. Nella missiva «riservata, personale e non riproducibile», Goggi riferiva come Marcellino Gavio gli avesse confidato di essersi «impegnato con Fassino e D’Alema» per il controllo della società autostradale.

Ma negli atti depositati c’è dell’altro. Perché «il 3 aprile 2005 - è scritto ancora nel fax inviato da Di Marco a Vimercati -, per il tramite del prof. Bellavite Pellegrini è pervenuta da parte dell’onorevole Patrizia Toia una segnalazione in merito all’assunzione del signor C.M., a cui si è dato corso con contratto a tempo determinato». Tradotto, una raccomandazione fatta dall’allora parlamentare della Margherita, entrata dal 2007 nel Pd. Non bastasse, il 19 luglio del 2006 il signor C.M. invia una «lettera di messa in mora e di avvio del tentativo obbligatorio di conciliazione per il riconoscimento della titolarità di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato».

A far emergere i troppi interessi politici che ruotavano attorno a Serravalle è la responsabile dell’internal auditing della società. Al pm Walter Mapelli, la donna spiega che «l’attività di direzione e coordinamento spetta al consiglio provinciale, ma nei fatti l’ho sempre vista esercitata dal presidente della Provincia». Ossia da Penati. «Ricordo un esempio eclatante: la vendita del 32% delle azioni di Pedemontana Lombarda spa, che avvenne a seguito di una autorizzazione sottoscritta personalmente dal presidente della Provincia senza che il consiglio provinciale avesse mai formalizzato un provvedimento in tal senso». Infine, «ricordo che ci sono numerose lettere di Penati che indica ai vertici le decisioni da prendere». Insomma, Penati dominus in Serravalle. Un profilo che emerge anche dalla fitta corrispondenza riservata tra Di Marco e l’allora presidente della Provincia, al quale il membro del cda si rivolge con un «Carissimo Filippo». Strategie concordate, consigli sulle decisioni da prendere e una lettera, quella del 27 luglio 2006, tutta da interpretare. «Facendo seguito alle note riservate relativamente a Pedemontana e Tem, ti trasmetto in allegato una proposta concreta di realizzazione di Pedemontana che ho già inviato al ministro Antonio Di Pietro (all’epoca titolare delle Infrastrutture, ndr).

Inoltre, ti informo che

ho trasmesso il documento anche al vicepresidente del Consiglio Massimo D’Alema». Perché D’Alema deve’essere informato sui piani di Serravalle? Se lo domanda anche la Procura, che continua a cercare la maxi-tangente rossa.

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