«Que reste-t-il de nos amours?», si domandava lo chansonnier francese Charles Trenet. Qualche milanese, più prosaicamente, oggi potrebbe chiedersi: che cosa resterà dei luoghi della cultura di proprietà della Provincia di Milano quando, tra poco più di un mese, l'ente pubblico sparirà? Domanda da un milione di dollari ma che merita più di una riflessione, dal momento che tra i suddetti siti ne figurano alcuni blasonati e che fanno parte dell'identità stessa della città.
Un esempio su tutti la sala proiezioni di Cineteca Italiana di Porta Venezia che da decenni è una meta irrinunciabile per i cinefili e non solo, visto che oltre alle rassegne d'autore ospita piccoli spettacoli musicali, presentazioni di libri, conferenze e incontri. La «Sala Merini», dotata di un palcoscenico e 200 posti a sedere, fa parte dello Spazio Oberdan di via Vittorio Veneto 2, nell'edificio che ospita anche gli uffici del settore Cultura e che è stato inserito in una delibera come «bene immobile alienabile». Il piano di alienazione ha l'obiettivo di fare cassa per tentare di ripianare un passivo di bilancio che ammonta a 40 milioni di euro; un buco aggravato dai minori introiti delle imposte di circolazione oltre che dal decreto renziano degli 80 euro.
Nello stesso immobile è presente anche un altro luogo caro ai frequentatori di mostre d'arte, lo «Spazio Oberdan» appunto, un'area espositiva di 800 metri quadri che negli anni passati ha ospitato rassegne importanti soprattutto nel contemporaneo: ricordiamo mostre personali e collettive come quella dedicata a Gabriele Basilico, ad Alfredo Jaar, a Jean Dubuffet, a Enrico Baj, «Invideo» (la storia della videoarte); e, più recentemente, a Robert Doisneau, il «Premio Ricoh» per i giovani artisti contemporanei, la collettiva «Quelli che restano», il recente omaggio agli artisti europei scoperti da Giovanni Testori. Un bagaglio che andrà perduto nel tempo «come lacrime nella pioggia», parafrasando il replicante di Blade Runner? «Riuscire a cedere l'intero stabile così com'è non sarà facilissimo, l'ente avrebbe fatto meglio a scorporare gli uffici e metterli sul mercato come appartamenti», dice un funzionario che preferisce l'anonimato. Ma dipenderà anche, qualora il palazzo non fosse venduto, da quello che deciderà l'erede di questo patrimonio, vale a dire la Città Metropolitana.
Una questione che, ovviamente, non riguarda solo lo Spazio Oberdan (Cineteca Italiana trasferirà armi e bagagli nella nuova sede dell'ex Manifattura Tabacchi a viale Fulvio Testi, non sarà la stessa cosa...). Il problema riguarderà anche un tema già trattato, vale a dire il Museo della Fotografia di Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo. Il «Mufoco», che vanta un archivio di due milione di fotografie d'autore, è già a rischio chiusura a causa dello stop dei finanziamenti da parte della Provincia e anche della Regione.
Le previsioni per il 2015, con la sparizione dell'ente, sono catastrofiche e probabilmente i fondi donati torneranno ai rispettivi proprietari. Il vero problema è che il Consiglio metropolitano insediatosi a settembre non ha ancora deciso se inserire nello statuto il capitolo «cultura». Se non lo farà, la questione passerebbe nelle mani di Pisapia che sarà sindaco anche del neonato ente. Ma viste le casse vuote, le prospettive restano pessime (e ciò vale anche per i siti «minori» come lo Spazio Soderini e la Casa delle culture del mondo).
Eppure, dicono nei corridoi in disarmo, le soluzioni ci sarebbero per non buttare tutto a mare: «Pisapia potrebbe trasformare Spazio Oberdan, sala proiezioni compresa, in un polo per le arti tecnologiche del '900 tra fotografia, cinema e video.
Colmerebbe un vuoto per quanto riguarda l'offerta culturale del Comune, e risolverebbe il problema del Museo della Fotografia che avrebbe finalmente una sede espositiva in città». Le idee non mancano ma, oggi più che mai, tra il dire e il fare...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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