Quel «tribunale» di partito che giudica i politici nei guai

Quel «tribunale» di partito che giudica i politici nei guai

«Sono innocente, questo è accanimento giudiziario». Lettere dal carcere. Perché Loris Cereda - ex sindaco di Buccinasco - in cella ci è finito per davvero. E ci è rimasto quasi tre mesi nella scorsa primavera, per un presunto giro di appalti truccati. Ma oltre che ai giudici, Cereda si è dovuto giustificare anche davanti al suo partito. E l’ha fatto con una missiva in cui ha ribadito la propria innocenza, inviata in una sede che in pochi conoscono: il collegio regionale dei probiviri del Popolo delle libertà. Una sorta di comitato etico. Più brutalmente, un piccolo tribunale del Pdl. Che osserva, ascolta, giudica e sanziona. Com’è andata a Cereda? Male. Il collegio l’ha sospeso. La teoria dell’accanimento non regge più.
Perché cambiano i tempi, e ad avere qualche guaio con la giustizia iniziano a essere in molti. Troppi, i politici accusati di aver confuso gli affari pubblici con quelli privati. E il partito prova a reagire. Così, mentre piovono avvisi di garanzia come fosse grandine, i probiviri - letteralmente, gli uomini onesti - si trovano con un bel daffare. In autonomia rispetto alle iniziatie della Procura, il collegio si riunisce ogni due settimane nella sede in viale Monza, convoca gli inquisiti e valuta le iniziative da intraprendere a tutela del partito. La linea è quella dettata dal segretario Angelino Alfano. Stop al mantra delle «toghe rosse». Basta con la comoda equazione invocata da molti «Berlusconi è un preseguitato-io sono un perseguitato». Ciascuno si assume le proprie responsabilità. E paga. Politicamente, prima che in un’aula di tribunale. Anche così il Pdl cerca di fare pulizia al proprio interno.
Il collegio è chiamato a dirimere anche questioni di «eterodossia» politica. Di quanti, cioè, nelle varie giunte sparse sul terrotorio lombardo mettono a rischio l’attività della maggioranza Pdl. Esempi? C’è quello di Gianni Inzillo, che alle elezioni di Verano Brianza ha «tradito» il partito creando una lista civica. O Francesco Russomanno e Giuseppe Amato, consiglieri di Trezzano sul Naviglio, rei di aver cambiato casacca voltando le spalle al Popolo delle libertà. Ma i casi scottanti, di questi tempo, riguardano la giustizia. E ultimamente il lavoro non manca, in viale Monza. Anche oggi, i probiviri si riuniranno.
Il collegio lombardo è composto da nove membri (presidente e vice gli avvocati Michele Saponara e Piero Porciani), che esprimono le diverse anime del partito. Il comitato segue le vicende politiche della regione, raccoglie le segnalazioni degli iscritti, acquisisce gli atti delle inchieste. Poi manda una contestazione al politico di turno, che ha 15 giorni per presentare una memoria. Quindi arriva la convocazione, e il caso viene discusso davanti a testimoni e coordinatori locali del Pdl. Infine, il collegio si chiude in camera di consiglio - come in un vero processo - e arriva a una «sentenza». Le decisioni vengono prese a maggioranza, talvolta dopo un acceso dibattito. Perché, in generale, i rappresentanti della destra del partito e della componente liberal si mostrano meno tolleranti verso gli inquisiti rispetto all’area più moderata, composta in prevalenza dagli ex Dc. Tutti, però, ribadiscono lo stesso punto di partenza. «Siamo garantisti».
Ma essere garantisti è un conto, chiudere gli occhi davanti ai reati (ancorché presunti) è un altro. «Il partito è sostanzialmente sano - spiegano dal collegio - si tratta di mele marce». E mentre i casi di Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni (gli ultimi due ex membri dell’ufficio di presidenza del Pirellone indagati per corruzione) vengono discussi in sede nazionale, il comitato di controllo regionale fa i conti con una serie di vicende di piccolo e medio cabotaggio che rischiano comunque di inquinare la vita del partito. C’è - come detto - Loris Cereda, che assieme all’ex assessore ai lavori pubblici di Buccinasco Marco Cattaneo avrebbero truccato le gare d’appalto per la costruzione di supermercati. C’è Gianluca Rinaldin, nei guai per tangenti legate ai lavori del lido di Menaggio. C’è Nino Caianiello, condannato a 5 anni dal tribunale di Busto Arsizio per estorsione e a 1 anno e 4 mesi per peculato. Poi potrebbe toccare a Silvano Passamonti e Luca Spagnolatti, saliti un anno fa ai (dis)onori delle cronache per una storia di presunte mazzette in Valtellina, e a Pietro Trivi, ex assessore di Pavia, imputato (e poi assolto) per corruzione elettorale aggravata. Più di recente è stato il turno di Edoardo Sala, il sindaco di Cassano D’Adda pizzicato - è la tesi dei pm, che partendo da Cassano sono arrivati al presindente del consiglio regionale Davide Boni (Lega) - a prendere soldi per cucire il Pgt a misura dei palazzinari.

Il prossimo a sedersi davanti ai probiviri, con ogni probabilità, sarà Angelo Giammario. L’ultimo in ordine di tempo a ricevere un avviso di garanzia per corruzione. Accanimento giudiziario? Gli uomini onesti si aspettano una spiegazione migliore.

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