Questa storia farà calare la fiducia della gente

«Si è fatto tardi. Prendo un taxi, così arrivo a casa tranquilla». Ogni donna lo ha pensato almeno una volta nella vita. Non tutte hanno la patente. E anche quelle che ce l'hanno magari non possono permettersi un'auto, o preferiscono non guidare di notte. E non sempre c'è qualcuno disposto a riportarti a casa a notte fonda. Perché anche alle più tranquille capita una cena che si protrae fino a tardi o una serata a ballare con le amiche. E allora è il taxi la soluzione cui ci si affida. Sì, ci si affida, perché lo si considera più sicuro di un mezzo pubblico, meno rischioso della 90, la circolare dove, dicono, di notte si rischiano incontri spiacevoli.
Dev'essere più o meno questa la valutazione fatta - in pochi secondi, un gesto normale, quasi automatico uscendo dalla discoteca - anche dalla ragazza violentata lo scorso 7 febbraio da un taxista, che ieri è stato arrestato. Di certo lei, studentessa canadese di 20 anni, quando è uscita dall'Old Fashion di viale Alemagna ed è salita in auto, non aveva considerato che quell'uomo di 32 anni, arrivato a destinazione, avrebbe bloccato la serratura della portiera e l'avrebbe stuprata. Dopo aver intascato i soldi della corsa, stando alla ricostruzione degli inquirenti.
Una storia terribile che, ora che è venuta a galla, scuote l'intera categoria dei tassisti milanesi. «Se è vero deve pagare, bisogna metterlo dentro e buttare via la chiave», dicono quando apprendono la notizia. Molti di loro non lo sanno ancora. Alcuni si mostrano quasi increduli. «Di noi ci si può fidare, se c'è qualcuno che ha fatto questo è una “mela marcia“», dicono.
Domenico fa il taxista da 25 anni. «Ho una figlia di 24 anni, a volte anche lei la sera esce e per tornare prende il taxi - racconta. Perciò quando accompagno una donna aspetto sempre che entri nel portone di casa. Non solo quelle giovani, anche le signore anziane». Molte di queste, lo riferiscono quasi tutti, spesso chiedono esplicitamente al taxista di aspettare qualche minuto, fino a quando la porta del palazzo non si chiude dietro le loro spalle. «Non dico che mi fermo deliberatamente ad aspettare fin quando entrano, però mentre metto a posto i soldi e reimposto il tassametro passano sempre quei due minuti utili a tenere d'occhio la situazione» ammette Maurizio, occhi azzurrissimi, alla guida di un taxi da otto anni. «Ora questa brutta storia toglierà fiducia un po' a tutta la categoria», aggiunge. Poi fa notare che loro, a volte, vivono brutti momenti: «Una volta ho beccato una che urlava come una matta. Le ho chiesto di abbassare la voce. Quando è scesa ha sputato sull'auto e ha tirato sulla portiera una delle bottiglie che aveva dietro. Per fortuna il finestrino non si è rotto». Sistemi per garantire a tutti più sicurezza ce ne sono. «Io ho la telecamera sull'auto», dice un altro taxista, Carlo. Una scelta per cui opta solo una minoranza di loro, circa 400 su 4855. Le telecamere tengono in memoria il video per circa 12 ore. Ma, per proteggere la privacy, è tutto in codice, e può essere decriptato solo su richiesta dell'autorità giudiziaria. «Vorrei proprio vedere la faccia del collega che ha fatto questa cosa terribile», dice, con un po' di rabbia, Giuseppe.

Che spiega anche un altro piccolo accorgimento, alla portata di chiunque prenda un taxi: «ogni auto ha un numero di licenza. Sarebbe buona abitudine segnarselo: può servire anche per fatti meno gravi, ad esempio se si dimentica sul taxi il cellulare o il portafogli».

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