(...) consigli d'amministrazione come quello di Unicredit (ma niente a che fare col quasi omonimo Alessandro, ex a.d. di quella banca), de «Il Sole 24 Ore» e di Pirelli e altri, o in influenti pensatoi come il dalemiano «Italianieuropei», o da fare il gran rifiuto della candidatura a sindaco di Torino offertagli nel 2011 dal centrosinistra. Insomma di lui si può dire tutto, tranne che sia un fegataccio, un cuor di leone. Altrimenti avrebbe evitato la figuraccia di ieri mattina: sarebbe dovuto intervenire ad un convegno all'Ata Hotel Executive di Milano e gli studenti in agitazione, secondo il tradizionale rito novembrino, avevano comunicato ai quattro venti che lo avrebbero aspettato per contestarlo. Preso atto del minaccioso annuncio, il ministro tecnico non è proprio riuscito a trovare il coraggio sufficiente per presentarsi dove era atteso e ha pensato bene di declinare l'invito all'ultimo momento.
Scampato pericolo, un pericolo rappresentato da poche decine di ragazzotti che comunque hanno deciso di manifestare ugualmente, gridando qualche consunto slogan e srotolando uno striscione. Si dirà: ma se Profumo si fosse presentato a quel convegno, forse le cose sarebbero andate molto peggio. Probabilmente no, vista la partecipazione tutt'altro che di massa alla micro-manifestazione. Ma il punto non è questo: il punto è che un ministro non mette la coda fra le gambe - neppure col pretesto di evitare disordini - di fronte alla minaccia di una contestazione. Tanto più se si tratta di un ministro tecnico, che quindi, per definizione, non dovrebbe avere i problemi di consenso che potrebbe porsi un politico. D'altra parte qualche giustificazione il ministro ce l'ha. Come pretendere da lui, infatti, che mostri il petto allo striscione se, nella stessa giornata, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale Francesco De Sanctis, anziché prendere le difese della coraggiosa - quella sì! - e determinata preside del Leonardo da Vinci, Maria Concetta Guerrera che da sola ha evitato l'occupazione del suo liceo, ha ammonito che i capi degli istituti scolastici «non sono né poliziotti né magistrati, ma educatori» e ha impartito loro una mielata lezione di buonismo ricordando che «la strada che devono privilegiare è sempre quella del dialogo con gli studenti» e che «azioni punitive e repressive vanno evitate». Non ha spiegato, però, come possano fare i presidi a dialogare con chi impedisce loro con la forza di entrare negli istituti che dirigono o con chi comunica solo scandendo slogan stantii e formulando banalità pseudo-progressiste. La Guerrera ha denunciato di essere stata «malmenata», dai più esagitati ai quali ha dato di «fascisti», «squadristi» e «figli di papà». Un comportamento che al dialogante De Sanctis non è piaciuto affatto.
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