Per sopravvivere dobbiamo rimanere chiusi. L'incubo kafkiano che stanno vivendo molti ristoratori in città. Da una parte l'incertezza delle nuove regole per il distanziamento nei ristoranti, e l'incognita del pranzo in compagnia di conviventi o amici, sta rendono impossibile per moltissimi ristoratori alzare le serrande in questi primi giorni della settimana. Dall'altra i problemi legati alla mancata erogazione, in alcuni casi, della cassa integrazione per i dipendenti o del finanziamento garantito, previsto dal Decreto Liquidità. Si tratta, sulla carta, di una procedura semplificata e di immediato accesso alla garanzia del Fondo per le piccole e medie imprese per permettere a chi svolge attività d'impresa di reperire la liquidità necessaria per far fronte all'emergenza in atto.
Marco Giapponese, titolare di Basara, la sushi pasticceria nota in tutta la città, tre ristoranti e un corner al settimo piano de La Rinascente, a queste condizioni non riaprirà i suoi ristoranti, ad eccezione di quello in Rinascente per una questione di contratto. Lì al settimo piano con vista sulle guglie tutti riapriranno, ma ci vorrà ancora qualche giorno «per interpretare le linee guida che al momento sono incomprensibili. Settimana scorsa - racconta il titolare - abbiamo disposto i tavoli calcolando quattro metri quadri per cliente, poi si è passati al metro di distanza tra i tavoli e tra le persone. Tra l'altro in Rinascente gli spazi commerciali sono sotto stress per ottimizzare i coperti: i miei sono passati da 34 a 10». Non è finita qui perché si pone l'enigma della normativa sul pranzo consumato in compagnia di amici o conviventi. Come fare? «Anche qui la norma non è chiara, per uscirne abbiamo chiesto a uno studio legale di predisporre un'autocertificazione per i nostri clienti: conviventi o parenti accettano di stare vicini, cioè sotto il metro di distanza. Ma ognuno no si muove a modo suo».
Se in Rinascente si potrà gustare sushi e sashimi vista Duomo, così non sarà, almeno al momento, per gli altri tre ristoranti Basara in corso Italia, via Tortona e via Washington: «non siamo nelle condizioni, il distanziamento riduce i coperti a un terzo. Non solo - continua Giapponese - io ho 85 dipendenti per cui ho chiesto la cassa integrazione dal momento che siamo chiusi da tre mesi: mi è arrivata la risposta che era stata autorizzata ma non abbiamo ricevuto alcun versamento. Così abbiamo fatto richiesta per il finanziamento garantito al 90 per cento per poter ripartire, ma al di là della mole di burocrazia che abbiamo dovuto superare, con indicazioni modificate in corsa, ma anche qui abbiamo mai ricevuto risposta».
Adesso è concesso anche l'asporto oltre al delivery. «Se facessimo asporto -spiega il titolare - dovremmo riaprire quindi perdere l'agevolazione del congelamento degli affittie il diritto alla cassa integrazione per i dipendenti. Lavoriamo solo con il delivery: abbiamo allargato la cerchia delle consegne alla provincia, ruotiamo nei diversi comuni sui giorni della settimana».
Il sindaco autorizza l'uso del plateatico, gratis. «Guadagneremmo solo qualche coperto. Forse riapriremo su prenotazione in via Washington il week end, sfruttando il giardino. Al momento per sopravvivere dobbiamo rimanere chiusi» conclude sbigottito Giapponese.
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