Ora chiedono alla Regione un «passo indietro». Vorrebbero che il Pirellone ritirasse partecipazione e patrocinio al convegno previsto per sabato 17 gennaio e dedicato a Famiglia e comunità. Ma il patrocinio pubblico è un istituto ostico. Può costare niente in termini economici (sempre più spesso è gratuito) ma molto in termine di immagine e credibilità. E se fossero stati più avveduti, forse, gli amministratori comunali di Milano non avrebbero sparato a zero contro i colleghi della Regione. Certo, avrebbero potuto legittimamente unirsi ai politici di sinistra schierati contro l'iniziativa (che ha in programma l'intervento e il saluto del governatore Roberto Maroni e della sua assessore Cristina Cappellini). Se avessero tenuto conto delle polemiche sollevate negli ultimi anni dai patrocini comunali, però, gli attuali inquilini di Palazzo Marino avrebbero evitato di interpretare gli acuti nel coro degli indignati e degli scandalizzati, consigliando cure psicologiche ai leghisti e tirando fuori «amanti e tradimenti».
Chi non ha grande memoria può affidarsi a una ricerca d'archivio su internet. Riscoprirà che, a pochi mesi dall'insediamento, l'amministrazione guidata da Giuliano Pisapia fece arrabbiare non poco gli organizzatori e i partecipanti al Mipel, la più antica fiera della moda - evento da 30mila compratori, con 101 edizioni alle spalle - negando per due volte consecutive il patrocinio. Si disse che le «linee guida» per concederlo prevedevano un qualche «interesse pubblico, non generico, ma concreto e attuale consistente in qualche beneficio rivolto alla cittadinanza». E stranamente in quel caso non fu ravvisato.
Evidentemente i requisiti sono stati riscontrati in tutte le altre iniziative, discutibili o no, che hanno goduto del patrocinio del Comune o di una qualche forma di sostegno, anche simbolico. Basti pensare al caso di giugno, quando la Casa dei diritti del Comune ospitò, dopo la presentazione di un libro («Nuda, racconti erotici») anche una performance «bdsm», dove l'acronimo sta a significare «bondage» e disciplina, domazione e sottomissione, sadismo e masochismo, insomma uno «show» basato su pratiche sessuali che prevedono costrizioni (consenzienti) legature, corsetti, cappucci, bavagli. Comprensibile soddisfazione per chi si vantava di aver usufruito di una sede istituzionale. Imbarazzo per l'assessore che dovette ammettere l'errore: «Forse si è trattato di superficialità, la Casa dei diritti non era il luogo appropriato» disse Pierfrancesco Majorino. È ormai consuetudine il patrocinio del Comune alla sfilata dell'orgoglio omosessuale. E gode del patrocinio comunale anche la rassegna del teatro omosessuale. «Lesbiche fuorisalone» esibisce sul suo sito lo stemma del Comune. Patrocinio anche per il festival del cinema gaylesbico. Tutto legittimo per carità.
Intanto qualcuno ha ricordato che l'Amministrazione comunale, pur collaborando, decise di non contribuire direttamente alla giornata mondiale delle famiglie che portò a Milano l'allora Papa Benedetto XVI, tanto da attirare tre milioni di persone per la festa delle Testimonianze e due milioni per la messa della domenica all'aeroporto di Bresso con Ratzinger. Anzi, quel grande evento fu trasformato dal sindaco, Giuliano Pisapia, in una discussa manifestazione di orgoglio laico, tanto da ribadire l'intenzione di tutelare «tutte le famiglie». E proprio su famiglia o famiglie verte oggi gran parte della questione con l'insopprimibile dissenso del Pd e della sinistra.
Ma non è chiaro perché il Comune può sostenere festival, rassegne, sfilate, performance e quant'altro, il governatore regionale non può intervenire a un convegno sulla famiglia, proponendo un modello diverso. Altrettanto legittimo. O no?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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