Uccise un tassista: 10 anni di carcere

Condannato l'uomo che colpì un autista con una confezione di bottiglie provocandone la morte

Uccise un tassista: 10 anni di carcere

Provare a spiegare non è servito. «Ho avuto paura», aveva scritto in una lettera spedita mesi fa ai familiari della vittima. «Ho avuto paura di chi non conoscevo e la paura ha portato con sé il dolore». L'ha letto al termine della sua arrigna il difensiore di Davide Righi, il consulente informatico accusato di aver ucciso il tassista Alfredo Famoso dopo una lite per una precedenza in via Morgagni. I giudici, infatti, lo hanno condannato a dieci anni di reclusione con l'accusa di omicidio preterintenzionale, concedendo un «sconto» di tre anni rispetto alla richiesta del pubblico ministero Maria Teresa Latella. «Dieci anni di carcere e dieci anni di vergogna», il commento a mezza voce dei parenti di Famoso alla lettura del dispositivo.

Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Alberto Nobili e del pm Latella, il 23 febbraio scorso il tassista Famoso, 65 anni, non si era fermato prima delle strisce pedonali in via Morgagni per far passare Righi e la sua compagna incinta di nove mesi. L'uomo aveva subito scagliato una confezione con quattro bottiglie d'acqua contro la macchina. E poi, sempre secondo l'accusa, quando il tassista era sceso, aveva lanciato la confezione contro il volto dell'autista. L'autopsia ha accertato che la causa della morte (dopo due giorni di coma) era stata un trauma cranico legato alla caduta a terra, dopo che l'uomo era stato colpito al volto.

L'accusa di omicidio preterintenzionale contestata dalla Procura ha retto, mentre la difesa, con in legale Isabella Giuffrida, chiedeva che venisse riconosciuto l'eccesso colposo in legittima difesa, dato che l'imputato ha raccontato che il tassista era minaccioso e che lui aveva reagito ad un'aggressione. La Procura, invece, sulla base dei racconti dei testimoni e delle indagini, ha ricostruito che non c'è stata alcuna colluttazione tra i due. Il 27 febbraio scorso, il giudice per le indagini preliminari Gianfranco Criscione aveva disposto la scarcerazione di Righi (che da allora è agli arresti domiciliari) riqualificando il reato da omicidio volontario a preterintenzionale.

«La pena è bassa - è il commento dell'avvocato Danilo La Monacalo, legali dei familiari del tassista -. È il minimo previsto per l'omicidio preterintenzionale senza aggravanti, che però per me c'erano. C'erano sia i futili motivi, contestati dal pm, e per me c'era anche quella della crudeltà in relazione al comportamento tenuto dopo». Un riferimento per niente velato al mancato soccorso di Famoso, a terra esanime dopo aver battuto la testa contro l'alto e sul marciapiede. Righi ha detto di aver avuto l'intenzione di chiamare un'ambulanza, e di essersi allontanato solo per assistere la compagna incinta e scioccata.

Per i pm, invece, non solo il consulente informatico non avrebbe tentato di aiutare la vittima, ma si sarebbe reso irreperibile.

«La sentenza non soddisfa - dice infine l'avvocato Isabella Giuffrida, difensore di Righi - perché il punto della difesa era un altro, però conforta perché è stata meditata».

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