Le ultime ore di Pasolini profetico pure su se stesso

«Siamo tutti in pericolo» il titolo della messinscena sull'intervista fatta il giorno prima d'essere ucciso

«Non c'è bisogno di attualizzarlo, sarebbe scomodo e inaccettabile per tutti anche oggi». L'Indesiderato, l'uomo che secondo Daniele Salvo sarebbe urticante in massimo grado anche quarant'anni dopo la morte violenta, è ovviamente Pier Paolo Pasolini. Per questo, per muovere le acque spesso conformiste della cultura e del teatro, Salvo porta in scena (da stasera all'1 novembre, al Franco Parenti, produzione Teatro Vascello) lo spettacolo Siamo tutti in pericolo , basato sugli scritti estremi di Pasolini e sull'ultima intervista del poeta, scrittore e maestro di cinema, concessa il giorno prima di morire a Furio Colombo, per L'Espresso .

Povero Pasolini, verrebbe da dire. Da morto, tutti gli tirano la giacca, per fargli dire cose profetiche, e apocalittiche, da destra e da sinistra. Quando serve un occhio lucido per vedere le rovine morali della società, ecco che spunta il poeta di Casarsa, diventato cantore delle borgate romane con la penna e la macchina da presa. Salvo non raccoglie la provocazione, e insiste: «Intellettuali puri come Pasolini non ne esistono più. Non è questione di destra e sinistra, lui avrebbe sempre abitato uno spazio diverso, dissonante rispetto alla cultura di facciata. Oggi manca il pensiero libero: non perché qualcuno lo vieti, gli intellettuali hanno rinunciato spontaneamente alla funzione critica che da loro ci si aspetta». Di Pasolini, dunque, c'è bisogno. E su Pasolini non è ancora stata detta tutta la verità, a partire dalla sua morte violenta, ucciso dal ragazzo di vita Pino Pelosi sul lungomare di Ostia nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975. Ucciso da uno dei tanti «pipelletti» verso i quali era spinto dal «problema della mia carne e della mia vita», scriveva Pasolini pochi anni prima di morire, riferendosi alla propria omosessualità randagia e alla «felicità sensuale, ma come con colpa» che innervava i versi delle sue poesie, recensite per la prima volta nel lontano 1942 da Gianfranco Contini.

«Pasolini - aggiunge Salvo - restò poeta per tutta la vita, anche nei film più crudi. Un poeta cristallino che amava contaminarsi con la realtà più difficile, quella dei dimenticati nelle borgate. I poeti autentici sono sempre scomodi, e Pasolini lo era anche quando scriveva articoli per il Corriere della Sera o Il mondo . Ogni volta che ne usciva uno, si trattasse di scritti sui poliziotti o sulla droga, nulla era più come prima nel panorama sociale e culturale. Sugli scritti del '75, poi raccolti nelle Lettere luterane , ho basato il mio spettacolo. Oltre che sull'intervista data a Furio Colombo. Nella quale Pasolini disse: “Tu non sai neanche chi adesso pensa di ucciderti. Siamo tutti in pericolo”. Da lì ho preso il titolo, una profezia agghiacciante». Salvo, che ricorda come all'epoca dell'omicidio Pasolini molti brindarono per la morte di un «rompicoglioni», non è sicuro sia stato svelato tutto sull'assassinio. «C'è ancora mistero e credo che Pelosi, l'unico colpevole, non fosse solo». Lo spettacolo, che mette in scena anche le figure di Furio Colombo e Pino Pelosi, oltre a Pasolini, ha un «taglio visionario, per meglio restituire le parole del poeta e scrittore».

Resta il dubbio che sfruttare in palcoscenico Pasolini, come hanno fatto in tanti (ricordiamo, sempre al Parenti, un

magnifico Fabrizio Gifuni), abbia un lato di conformismo dell'anticonformismo, ma siamo certi che Salvo e i suoi attori (Gianluca Fogacci, Raffaele Latagliata, Michele Costabile) abbiano lavorato con le migliori intenzioni.

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