Sono andati in piazza per dire no al «Green pass» e a quello che vivono come un obbligo vaccinale. Eppure, i manifestanti, non tutti sono «No vax». A Lodi, per esempio, ha preso la parola col megafono una mamma che non si dichiara contraria ai vaccini in generale, ma su questo vaccino nutre particolari perplessità. «Non penso di essere l'unica - spiega - Gli effetti a lungo andare secondo me non si conoscono e io non voglio prendermi la responsabilità di vaccinare mia figlia. Purtroppo ho una malattia autoimmune e non so quello che potrebbe succederle in futuro. Il problema è che ora dovrà interrompere la sua attività sportiva e questo è un dispiacere».
«La paura nei confronti dei vaccini - spiega Graziano Barera, primario di Pediatria al San Raffaele - si sta diffondendo, al di là di ogni razionalità, anche perché questi diventano oggetto di critica anche di opinionisti che non hanno strumenti adeguati per fare analisi puntuali. I timori nascono spesso dal fatto che sugli adolescenti, ragazzi di 12-15 anni, c'è stata una sperimentazione iniziale tutto sommato abbastanza limitata rispetto a quanto non sia avvenuto sugli adulti, ma ora il contenimento iniziale dei numeri è compensato da un'ampia verifica che c'è già stata sul campo, con decine di milioni di persone. Questi non sono vaccini sperimentali. Definirli sperimentali è un eccesso che non rappresenta la realtà. Non è un vaccino nuovo, introdotto in urgenza e usato su pochi. Gli effetti sono più che noti, se facciamo riferimento a effetti collaterali tipici dell'età pediatrica, l'unico nuovo è un coinvolgimento cardiaco in un caso ogni 20mila somministrazioni circa, con possibili miocarditi o pericarditi che risultano comunque assolutamente reversibili con perfetta guarigione».
Sono pochi i casi particolari che giustificano un'applicazione così drastica del principio di precauzione. «La autoimmunità o la predisposizione all'autoimmunità non è una controindicazione al vaccino - spiega il professore - anzi tanto più la malattia autoimmune è rilevante e tanto più ha senso vaccinarsi: la vaccinazione protegge dalla malattia Covid-19 grave. L'autoimmunità non controindica. C'è stata qualche segnalazione iniziale sporadica che metteva in relazione il vaccino e alcuni esordi di malattia immune ma statisticamente la cosa non è stata avvalorata. Le condizioni che controindicano sono poche, legate a situazioni molto particolari come i soggetti in chemioterapia. In questi casi, la scelta di procrastinare la vaccinazione ha lo scopo di evitare ulteriore disagio a un paziente sottoposto a terapie impegnative».
C'è infine il tema della «utilità» della scelta. «Se poniamo sul piatto pro e contro individuali puri - osserva il professore - qualcuno potrebbe pensare che, per gli adolescenti, pesi più il rischio vaccinale che il rischio legato alla malattia, che raramente dà problemi gravi ai più giovani pur non essendo innocua anche nella popolazione pediatrica. Si sono verificati casi di malattia, anche seria, e anche casi di decesso in soggetti - certo - particolarmente complessi». «Inoltre dobbiamo porci il problema di cosa succederà nel tempo per i soggetti che contraggono la malattia. Nell'adulto sappiamo infatti che la guarigione non è sempre definitiva e senza problemi, come il cosiddetto long-covid sembra dimostrare». Poi c'è un aspetto di sanità pubblica.
«Le scelte di politica sanitaria - conclude Barera - devono tenere conto di un beneficio che non può solo essere individuale: è ragionevole pensare non solo ai nonni, ai genitori, a chi non può vaccinarsi, ma anche al fatto che avere i reparti ospedalieri bloccati dal Covid-19 significa perdere possibilità di cura per tutti i malati di altre patologie. Oltretutto il Covid-19 ha anche molte conseguenze a livello economico, sociale e psicologico e tutto questo va considerato con pari attenzione».
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