Gian Vincenzo Zuccotti, primario del reparto di Pediatria dell'ospedale Buzzi e preside della facoltà di Medicina dell'Università degli Studi. Regione Lombardia ha aperto dalle 23 di ieri le prenotazioni per le vaccinazioni dai 12 anni ai 29. Cosa pensa delle vaccinazioni in particolare nella fascia tra i 12 e i 16 anni?
«La vaccinazione è utile sicuramente per riportare la vita degli adolescenti alla normalità. Credo che saranno gli stessi ragazzi a chiederlo. Non dimentichiamoci che sono stati quelli più colpiti dai lock down, dalla chiusura delle scuole. La mancata socialità ha pesato moltissimo: sono aumentati i disturbi di ansia, dell'alimentazione e dell'apprendimento. Per altri versi gli adolescenti sono anche più insofferenti alle regole, quindi potenzialmente meno attenti».
Se l'iniziativa non dovesse partire da loro o dalle loro famiglie, dove potrebbero trovare un contatto?
«Si tratta delle fascia che sfugge maggiormente al contatto con la medicina del territorio. Se è vero che il pediatra di base li ha in cura fino ai 14 anni, spesso passano in anticipo al medico di base. Fortunatamente è un'età in cui dal medico vanno poco quindi sono meno facili da agganciare. Credo che per loro funzionerà soprattutto il circuito della famiglia e dei loro coetanei. L'aspetto importante è che bisogna capire che vaccinarli oggi vuol dire restituire loro la libertà e consentire loro di tornare a scuola a settembre con continuità. Detto ciò io credo che sia necessario fare una forte campagna massiccia di informazione e sensibilizzazione a livello istituzionale».
Si è parlato anche di un vaccino per i più piccoli.
«Rimanderemo il ragionamento a gennaio perché è una fascia che ha risentito poco dell'infezione. Spesso si tratta di soggetti asintomatici, ma portatori in famiglia di contagio. Credo dunque che si potrebbe limitare la profilassi per i bambini sotto i 12 anni solo per i soggetti a rischio. Nelle scuole elementari potremo tenere monitorata la situazione, mentre credo che gli adolescenti abbiano un profondo bisogno di tornare alla normalità».
Potrebbero essere gli stessi genitori ad avere delle resistenze nel sottoporre i figli a profilassi.
«Gli studi documentano il grado di sicurezza del vaccino: non ci sono cioè pericoli segnalati a breve termine, Sul lungo periodo non si può sapere. Mi ricordo ancora quando venne introdotto il vaccino per il papilloma virus per i 12 anni, io facevo parte del Tavolo Pediatrico di Aifa: cominciarono ad arrivare le segnalazioni di casi malattie autoimmuni, in particolare in Basilicata. Emerse a un controllo che il numero dei casi era assolutamente in linea con quello degli scorsi anni».
Non c'è il rischio che anche se vaccinati, come gli adulti, i ragazzini siano portatori di infezione?
«Non sono stati fatti studi per vedere se la vaccinazione impedisca di essere portatori di infezione. Intanto c'è sempre una quota, pari al 5-7% di persone che non rispondono al vaccino, cioè che non si immunizza, ma un soggetto vaccinato che prende l'infezione avrà comunque una carica virale inferiore: mi preoccuperei più che altro che i ragazzi si vaccinino».
Rimane il falso mito degli adolescenti untori...
«Gli studi che abbiamo condotto dimostrano che le scuole non sono amplificatori di contagio ma rispecchiano ciò che avviene nella società. Dobbiamo quindi mettere sul piatto della bilancia i pro e i contro della profilassi».
A settembre con gli insegnanti vaccinati e gli adolescenti plausibilmente coperti si dovrebbero poter riaprire le scuole in sicurezza...
«Credo proprio di sì.
Il piano della Regione prevede appunto di sottoporre tutti i ragazzi a un test molecolare salivare il primo giorno di scuola per individuare gli eventuali positivi. E di tenere sotto controllo le scuole con sorveglianza random settimanale, come è stato fatto Bollate. L'obiettivo è riaprire per tenere aperto con continuità. Questa volta non si può sbagliare».
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