Gru, buche e operai: parte la rincorsa per un grande Expo

Quattromila persone lavorano 24 ore su 24 nelle aree di Rho per completare gli allestimenti

Gru, buche e operai: parte la rincorsa per un grande Expo

«In questo momento ci sono 4mila lavoratori all'opera in questo sito. Ventiquattro ore su ventiquattro». Mentre il pullman viaggia a passo d'uomo scartando tubi e camioncini, la giovane guida decanta le lodi dell'Expo milanese, e per fortuna in inglese. Stiamo viaggiando sul Decumano, la lunga via di 1700 metri che si incrocia a un certo punto col Cardo (quella larga 600) per far sì che l'esposizione universale ricordi un po' gli antichi anfiteatri romani. E la sensazione è che allora, a questo punto, sarebbe stato già tutto pronto. Eccoci insomma nel viaggio a meno 40 giorni dall'Expo sull'autobus che porta alcuni selezionati ospiti della fiera al tour dentro il cantiere, un giro che finisce per fare un effetto torpedone visto i sentieri fangosi che ancora è costretto a percorrere. Intorno - s'intende intorno a tutta l'area di un milione di metri quadri dove brulicano i 4000 operai -, c'è una brutta aria che tira contro: «Vedrete: non ce la faranno» si sente dire, dimenticando però che qui fino allo scorso settembre c'era solo un buco vuoto. E così ecco che siamo alle solite noi italiani, pensano gli stranieri che sgranano gli occhi sul sedile accanto: campioni del durante e della rincorsa dell'ultimo minuto, sempre in zona salvezza nel prima e nel dopo.

Diciamolo però: possiamo ancora smentirci, in fondo 40 giorni non sono pochi e la gente lì dentro sta davvero lavorando. E là, dove fino a qualche settimana fa si affondava un po' fantozzianamente nel fango, ora sorgono i padiglioni, quasi tutti - è vero - ancora in costruzione, ma qualcuno quasi finito. L'effetto comincia a intravedersi: alcune costruzioni fanno vedere di essere molto belle (il biancore di quella israeliana sfida i dirimpettai degli Emirati ancora un po' indietro), il Padiglione Italia è davvero notevole e giganteggia tra tutti gli altri. Tutti i building, come da regolamento dell'Expo, saranno smontati e riutilizzati a fine esposizione e così si scopre che il padiglione della Repubblica Ceca, praticamente finito, verrà poi ricostruito in Senegal e destinato a diventare ospedale. Mentre i francesi, al solito, hanno fatto venire materiali e manodopera dalla madrepatria per non contaminarsi.

In pratica non tutto l'Expo viene per nuocere, anzi. E così mentre il pullman ballonzola vieppiù sulla strada accidentata sotto le vele del vialone, si scoprono scorci di design sostenibile che una volta diventati panorama faranno davvero un bell'effetto. Certo, in questo momento tutto è un po' rovinato da camion e ruspe che vanno avanti indietro senza sosta, ma basta immaginare un po'. Soprattutto che per visitare tutto l'Expo bisognerà camminare molto, munirsi di pazienza e di un biglietto per più giorni, perché fare tutto in uno sarà impossibile.

L'area Expo insomma sta crescendo, il vero difetto che è un po' lontana, poco milanese insomma. E resta solo il dubbio su cosa succederà dopo, quando ci sarà da riempire di nuovo il buco, laggiù fuori città. Però in fondo per adesso possiamo goderci lo spettacolo: mancano 40 giorni e che vuoi che sia.

Sì, è vero: a Dubai, dove l'Expo sarà nel 2020, il cantiere è più o meno allo stesso punto. Però loro non sanno cosa vuol dire essere italiani. E soprattutto milanesi. Così, dopo l'ultimo balzello del pullman, si esce dal cantiere con un po' di ottimismo: ce la faremo, che diamine. Nonostante il torpedone.

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