Le ministre si fanno gli spot abusivi sul web

La Melandri piange l’addio di Veltroni a Roma. La Bindi stuzzica gli alleati radicali

da Roma

Alzi la mano chi è mai riuscito a convincere una donna che sta sbagliando. Le alzi entrambe chi è riuscito a farle rispettare una regola, specie se scritta, peggio se legge dello Stato e ha ormai deciso di impipparsene.
Prodi le mani le tiene basse da tempo. Le candidate donne saranno pure trattate malissimo dal candidato Walter, ma le ministre continuano a fare come se i siti istituzionali fossero il tinello di casa propria, e non strutture pubbliche pagate dai contribuenti. Propaganda elettorale a gogò e scorribande nella vetrina gratuita come ai saldi d’occasione. Giovanna Melandri, inutile sottolinearlo, è la più scatenata nel «prendi-e-non-paghi». Reggono bene il ritmo Livia Turco e Rosy Bindi, né fa eccezione Barbara Pollastrini. Dalle furbette del quartierino si distingue per correttezza la solitaria Emma Bonino (non sarà un caso che il Pd la voglia fare fuori).
Eppure la circolare arrivata ai ministri lo scorso 7 febbraio, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Ricardo Franco Levi, è chiara come l’acqua. «Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione a eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni». La circolare si applica «alle pubblicazioni edite dalla Pubblica Amministrazione» e dà attuazione alle leggi sulla par condicio vigenti (la n.28 del 2000, la 313 del 2003). Risultato? La ministra dello Sport Melandri ritiene che sia di interesse pubblico comunicare (14 febbraio) che «aderisco alla manifestazione in difesa della 194», dopo aver piagnucolato il giorno prima per l’addio del sindaco di Roma. «Ora l’esperienza di Veltroni per la guida del Paese», annuncia però festante.
Addirittura il 27 febbraio la poco sportiva ministra disquisisce sulla «proposta di Berlusconi poco attenta ai giovani» e pubblica il comizietto sul sito. Lo stesso giorno aveva dato il suo importante assenso alla mozione delle donne Pd sulla 194: «Una prova di saggezza». Molto più burocratica - ma tuttavia fuorilegge - la prosa della ministra per la Salute, Livia Turco. Fortuna vuole che il tema dell’aborto sia attinente al suo ufficio, anche se la violazione sussiste, visto che i suoi comunicati non sono anonimi ed entrano spesso nella polemica politica. Peggio si comporta senz’altro la ministra per la Famiglia, Rosy Bindi, che commenta persino l’«accordo tra Pd e Radicali» (21 febbraio). Oltre a correggere Veltroni sulla pedofilia (26 febbraio): «Veltroni nel solco del governo, ma inasprire le pene non basta». Politica navigata, la Bindi fa pubblicare nel sito soprattutto le sue interviste ai quotidiani: da «soldatino Bindi presente, Rosy pronta a correre in Liguria» (24 febbraio) a «I Radicali? Se fossero coerenti dovrebbero stare fuori dal Pd» (25 febbraio).
Presa dal culto della personalità - come si fa a resistere? - anche Barbara Pollastrini, ministra delle Pari opportunità. Che chiede nientepopodimeno il «rilascio della Betancourt» (4 marzo) e fa addirittura gli «auguri affettuosi alla candidata Concia, portavoce degli omosessuali» (28 febbraio). Nota di merito alla ministro del Commercio Estero, Emma Bonino, che da fine febbraio in avanti evita persino di far citare il suo nome nei comunicati e, nello spazio dedicato all’editoriale, fa scrivere correttamente: «Campagna elettorale, sospeso l’editoriale del ministro».

Per una volta, encomio generalizzato ai colleghi maschi che rinunciano allo spazio pagato dai contribuenti per svolgere la propria campagna elettorale. Niente orgasmo da scampoli (gratuiti) di fine stagione: cautelativamente prendono voto. D’astinenza.

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