Il ministro degli Esteri dell'Afghanistan rivela: "La guerra a Kabul? Ha protetto l’Italia"

Zalmai Rassoul svela che dopo il 2001 "sono state affrontate diverse minacce" contro di noi: "Non posso dare dettagli ma sono state fermate alcune cellule". Dopo la caduta delle Torri "capii che il mio Paese sarebbe cambiato". Sui talebani: "Se lasciano le armi sono i benvenuti alle elezioni". Guarda il video

Il ministro degli Esteri dell'Afghanistan rivela:  
"La guerra a Kabul? Ha protetto l’Italia"

"Quando il primo aereo colpì una delle Torri gemelle pensai ad un terribile incidente, ma poi arrivò il secondo e ho capito subito che in Afghanistan sarebbe cambiato tutto". Zalmai Rassoul, ministro degli Esteri di Kabul, ricorda così l'11 settembre in un'intervista esclusiva a Il Giornale. Nel 2001 viveva in esilio a Roma, a fianco dell'ex re afghano Zahir Shah.

Dieci anni dopo l'11 settembre l'Afghanistan e la Nato stanno vincendo o perdendo la guerra contro il terrorismo?
"Penso che stiamo vincendo, ma non completamente. Nel 2001 il mio paese era veramente ground zero, ma abbiamo fondato uno stato, scritto una costituzione ed eletto un parlamento. Oltre sette milioni di studenti vanno a scuola e fra il 35% ed il 40% si tratta di ragazze. Non è mai successo nella storia dell'Afghanistan. Stiamo parlando di enormi cambiamenti, ma rimangono ancora numerose sfide da vincere. A cominciare dal fatto che non abbiamo sconfitto completamente gli estremisti ed i terroristi in Afghanistan e nella regione".

Cosa abbiamo sbagliato e cosa bisogna ancora fare?
"La comunità internazionale si è focalizzata sull'Afghanistan come fonte del terrorismo. Non è così. Il terrorismo è stato importato da un paese vicino. In contemporanea la guerra in Irak ha attirato risorse e uomini in un momento cruciale per l'Afghanistan".

Osama Bin Laden è stato scoperto e ucciso nella città pachistana di Abbotabad. Lei si riferiva al Pakistan come covo del terrorismo?
"La fonte del terrorismo è indubbiamente oltre i nostri confini, soprattutto nelle aree tribali come il Waziristan ed il Bajur. Per questo motivo stiamo cercando di convincere i pachistani a fare di più, non solo per l'Afghanistan, ma per il destino del loro stesso paese. Ogni giorno vengono colpiti da sanguinosi attentati. Se la questione non sarà affrontata seriamente temo che la lotta contro il terrorismo fallirà".

Lei è favorevole ai negoziati con i talebani per trovare una via d'uscita al conflitto?
"La vittoria delle guerre convenzionali di un tempo è impensabile. In questi 10 anni  abbiamo capito che il solo uso della forza non è sufficiente. Dobbiamo trovare una soluzione politica accettabile.  Tutti concordano che l'Afghanistan ha bisogno di pace, ma noi abbiamo indicato delle linee rosse invalicabili: rispetto della Costituzione e dei diritti umani, in particolare quelli delle donne. Chiunque accetti questi principi può partecipare allo sviluppo politico dell'Afghanistan".

Questo significa che i talebani potrebbero presentarsi in future elezioni?
"Perchè no se accettano le condizioni fondamentali? Ovviamente stiamo parlando di chi non ha commesso crimini di guerra contro gli afghani. Per la maggioranza (dei talebani) basta che taglino i legami con al Qaida, abbassino le armi e saranno i benvenuti".

Dopo dieci anni di guerra la comunità internazionale punta ad un'exit strategy oppure è una fuga dall'Afghanistan?
"Penso che si tratti di una strategia normale. Nessun paese vuole venir difeso per sempre da truppe straniere e nessuna nazione intende ricoprire questo ruolo in eterno. Sta iniziando la transizione, ovvero il passaggio di consegne alle forze afghane. Da adesso alla fine del 2014 tutto il paese dovrà essere sotto il nostro completo controllo. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di un addestramento appropriato delle nostre truppe. Investendo nella preparazione dei soldati afghani venti centesimi di ogni dollaro speso per la presenza militare internazionale in Afghanistan verrà fuori un esercito eccellente".

Lei è stato Consigliere per la sicurezza nazionale a Kabul. L'Italia dal 2001 ha rischiato di venir attaccata in patria dai terroristi, come accadde l'11 settembre agli Usa?
"La presenza in Afghanistan, il sacrificio dei vostri soldati, il denaro che avete speso ha protetto l'Italia. Non posso scendere in dettagli, ma sono state affrontate molte minacce di alcune cellule terroristiche in Europa e nel vostro paese. Vi posso garantire che la presenza militare in Afghanistan è servita a proteggere l'Italia da queste minacce".

Quale potrebbe essere il futuro ruolo italiano?
"Quando i nostri soldati combattono assieme ai vostri e mescolano il loro sangue il legame è più importante di qualsiasi relazione diplomatica. Manterremo rapporti nel campo della sicurezza a cominciare dall'addestramento e nello scambio di intelligence. Però puntiamo anche sugli investimenti italiani in Afghanistan. Vogliamo che il vostro paese partecipi alle esplorazioni per  lo sfruttamento del petrolio, del gas, delle risorse minerarie, ma investa pure nel settore del marmo e nell'agricoltura. Le porte sono aperte".

Per Kabul l'Iran è un alleato o una minaccia?
"Prima di tutto è un grande e potente paese confinante. Nonostante le difficoltà dell'Occidente con l'Iran noi abbiamo mantenuto buone relazioni che si basano sulla non ingerenza e sullo sviluppo economico. Siamo sempre stati chiari con gli occidentali: non vogliamo pagare il prezzo dei problemi di altri".

Nel nord dell'Afghanistan ci sono forze che vorrebbero staccarsi dal sud più turbolento. Non teme una secessione?
"Sono sicuro al 100% che l'Afghanistan resterà unito per sempre. Abbiamo patito la guerra per trent'anni. Tutti, però, combattevano nel nome dell'Afgahnistan per conquistare Kabul".

Come giudica le rivolte nei paesi arabi?
"Qualsiasi rivolta realmente popolare va rispettata, ma auspico la strada della non violenza. Non vogliamo che scelgano la via afghana di cui conosciamo bene le sofferenze".

Nel 2014, quando il governo di Kabul dovrà assumere il controllo della sicurezza in tutto il paese sarete pronti?
"Dovremo esserlo, non abbiamo scelta.

Questo è un conflitto che dura da un decennio, uno dei più lunghi per i paesi occidentali. Ogni giorno continuano a morire da 10 a 30 afghani. La transizione deve essere irreversibile. Se non avrà successo vorrà dire che perderemo la guerra".

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