Come i fratelli ceceni di Boston. I due terroristi dell’attacco odierno alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo sarebbero i fratelli Said e Cherif Kouachi. I due, jihadisti franco-algerini di 32 e 34 anni, sarebbero tornati in Francia quest’estate dalla Siria e farebbero collegati alla rete terrorista di Al Qaeda nello Yemen. In una inchiesta realizzata nel 2005 da un programma televisivo andato in onda su France 3, appare chiaro come alla base del fondamentalismo di Cherif vi siano l'indottrinamento e la preparazione alla jihad attraverso il rap, esattamente come il boia che sgozzò James Foley.
Secondo la polizia francese, i due fratelli, nati a Parigi, hanno "un profilo di piccoli delinquenti che si sono radicalizzati". Il più giovane, Cherif, era stato arrestato nel 2004 e condannato a tre anni di prigione, di cui diciotto mesi con la condizionale, in quanto componente di un gruppo che inviava combattenti estremisti in Iraq, basata nel 19° arrondissement di Parigi. Nel quadro di quell'inchiesta, alcuni componenti del gruppo avevano ammesso di aver "fomentato dei progetti di attentato", ma senza metterli in atto. Proprio in quei giorni France 3 trasmise un'approfondimento per raccontare l'indottrinamento di Cherif. La trasmissione ricostruì, attraverso citazioni e disegni, la preparazione al combattimento. Già allora si parlava un incontro con un specialista di armi che gli avrebbe insegnato a usare il kalashnikov. E proprio l'AK47 è stata l'arma usata per la mattanza alla redazione di Charlie Hebdo.
Orfani dei genitori, emigrati anni prima dall'Algeria, Said e Cherif hanno vissuto per anni da "musulmani occasionali", come si è definito in passato il più grande dei fratekku Kouachi. Nel 2004 Cherif Kouachi voleva fare il rapper ed era più interessato alle belle ragazze che alla moschea. Per lavoro consegna pizze e lo stipendio lo spende tutto in hashish. Ma dopo qualche mese qualcosa cambia: incontra il 24enne Farid Benyettou, autoproclamatosi imam di periferia nella moschea Adda’wa, nel quartiere Stalingrad, a sua volta formatosi alla scuola del cugino, Youcef Zemouri, islamista cacciato dalla Francia nel 2004. E si converte. "Mi ha detto che nei testri sacri è scritto che è bene morire nel martirio". Così ha iniziato a prepararsi a partire per combattere: "Grazie ai consigli di Farid i miei dubbi sparirono. Avevo paura, ma non lo dicevo. È evidente che Farid mi ha influenzato nella partenza, nel senso che dava una giustificazione alla mia morte vicina". Dopo la scarcerazione Cherif, che ora si fa chiamare Abou Issen, fa perdere le proprie tracce insieme a Said. Non è chiaro se, come hanno fatto trapelare fonti vicine all'intelligence francese, i due fratelli siano reduci della guerra in Siria da cui sarebbero tornati questa estate. È certo, però, che negli ultimi anni Cherif ha continuato a ricompare nelle inchieste sull'islamismo.
Nel 2010, il nome di Cherif spunta fuori nuovamente legato al progetto di evasione di Smain Ait Ali Belkacem, membro del Gruppo islamico armato (Gia) algerino, condannato all’ergastolo per l’attentato alla metropolitana di Parigi nel 1995, ma la sua posizione viene stralciata.
È in questo periodo che i servizi dell’anti-terrorismo vedono apparire al suo fianco il fratello Said, ma senza molti altri elementi, tranne l’indicazione del periodo in Siria quest’estate, fino al loro ritorno sulle scene, pesantemente armati, mercoledì. Con tutti questi elementi in mano, per quale motivo gli 007 francesi non hanno mai mosso un dito per fermare i fratelli Kouachi?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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