Compromesso in extremis a Hong Kong

Il capo del governo rifiuta di dimettersi ma accetta di incontrare una delegazione di dimostranti

Compromesso in extremis a Hong Kong

Allo scadere dell'ultimatum lanciato dagli studenti al capo del governo, e quando già sembrava che lo scatenarsi della violenza fosse inevitabile, un'offerta di dialogo ha almeno per il momento evitato le «impensabili conseguenze» che Pechino aveva minacciato ai rivoltosi di Hong Kong.

Nel corso di una conferenza stampa tenuta pochi minuti prima della mezzanotte locale (le 18 di ieri in Italia) Chun Ying Leung ha rifiutato di dimettersi come pretendevano i manifestanti, ma per evitare che questi mettessero in atto la minacciosa promessa di dare l'assalto agli edifici governativi ha proposto loro di organizzare dei colloqui «in tempi il più possibile rapidi». Sarà il segretario generale del governo di Hong Kong, Carrie Lam, a incontrare una delegazione dei rivoltosi, il cui obiettivo rimane quello - respinto in termini categorici dal governo delle Cina comunista - di ottenere un vero suffragio universale alle elezioni locali del 2017.

Quella di ieri a Hong Kong è stata una giornata convulsa, che lasciava presagire il peggio. Nel rifiutare di dimettersi, Leung aveva minacciato - sulla falsariga di quanto già fatto dalle autorità cinesi - «gravi conseguenze» in caso di attacco alle sedi del governo. La polizia era già stata munita di gas lacrimogeni e di altra attrezzatura antisommossa, mentre gli attivisti avevano preparato maschere e occhiali protettivi in uno stallo sempre più teso di fronte al complesso governativo vicino al lungomare. Alla fine, però, è prevalso il buon senso: Leung ha detto che le autorità continueranno a tollerare la protesta finché i partecipanti non attaccheranno le linee della polizia, e ha aggiunto - non si sa quanto sinceramente - parole di elogio per gli studenti definendoli «razionali», sostenendo di essere «sempre stato favorevole» al dialogo.

Con il passare dei giorni , la «rivolta degli ombrelli» di Hong Kong si sta trasformando in una sorta di complessa partita di poker, con un «piatto» il cui valore continua a crescere. Se per i cittadini della ex colonia britannica sono a rischio le libertà democratiche già limitate da Pechino, nel regime cinese sale la preoccupazione per il pericoloso esempio che i rivoltosi di Hong Kong danno a quanti nella stessa Cina si oppongono alla dittatura.

La censura sui media e su internet ha raggiunto in questi giorni livelli da primato, confermando la paura che il regime totalitario ha della libera circolazione delle idee. Per questo il rischio dell'uso della forza è sempre incombente a Hong Kong.

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