Confini chiusi, l'Ue è a pezzi: gli Stati balcanici seguono l'esempio austriaco

La Germania protesta per i blocchi anti-migranti, ma chi rischia davvero sono Italia e Grecia. Che potrebbero trasformarsi in due giganteschi hotspot da un momento all'altro

Confini chiusi, l'Ue è a pezzi: gli Stati balcanici seguono l'esempio austriaco

Non solo l'Austria. Alla decisione di Vienna di introdurre un tetto al numero di ingressi giornalieri di profughi e di ripristinare i controlli alle frontiere fanno eco misure analoghe che sono allo studio delle cancellerie di molti Stati balcanici e dell'Europa centrale.

Mentre il vertice di oggi a Bruxelles su Brexit e appunto sull'emergenza migranti rimarca spaccature profonde come non mai nel corpo vivo dell'Unione Europea, la virata austriaca rischia di innescare un effetto a catena le cui conseguenze sono difficili da prevedere e potrebbero essere esiziali per il futuro stesso dell'Unione.

Da domenica l'Ungheria chiuderà tre valichi ferroviari al confine con la Croazia: Murakeresztur-Kotoriba, Gyekenyes-Koprivnica e Magyarboly-Beli Manastir. La misura dovrebbe durare trenta giorni ma potrebbe essere prorogata poiché, come ha spiegato il ministro degli interni Sandor Pinter è stata presa "nell'interesse della pubblica sicurezza". Slovenia, Serbia e Macedonia hanno annunciato misure straordinarie per limitare il flusso degli ingressi.

A queste chiusure si oppone però la Grecia, che ha chiesto ai Paesi interessati dalla rotta balcanica di non chiudere i confini almeno sino al vertice bilaterale con la Turchia di marzo. Atene ha anche minacciato di porre il veto all'accordo con la Gran Bretagna che dovrebbe evitare il Brexit se anche solo uno Stato dovesse chiudere i confini.

"Chiediamo - spiegano dal governo Tsipras - che venga deciso unanimemente che fino al 6 marzo nessuno Stato chiuda unilateralmente i suoi confini. Altrimenti il governo greco non approverà il testo finale".

Al termine del vertice si è imposta la politica di chi chiede "respingimenti alle frontiere esterne dei cittadini di Paesi terzi che non soddisfano le condizioni d'ingresso o che non hanno presentato domanda d'asilo, sebbene ne abbiano avuto la possibilità".

La situazione che si va delineando all'interno dell'Unione è quindi caratterizzata da una polarizzazione sempre maggiore tra i Paesi di prima accoglienza come Grecia e Italia, che si spendono per una politica di accordi con la Turchia e una ripartizione dei migranti tramite il sistema di ricollocamenti, e i Paesi di seconda linea, come gli Stati balcanici e l'Austria, che invece propendono per isolare i primi per trasformarli gradualmente in giganteschi hotspot su cui scaricare costi ed oneri dell'accoglienza.

Una situazione che, visti gli attuali rapporti di forza, non lascia ben sperare per il nostro Paese.

@giovannimasini

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