Bruxelles - Ieri per la prima volta, in seguito ad un provvedimento del presidente del Parlamento Europeo Martin Schultz disposto in reazione alla Black List di Mosca, è stato vietato l'ingresso negli edifici che ospitano l'emiciclo a due politici russi, attesi per una conferenza sul tema dei rapporti Europa Russia e della situazione in Ucraina. Ad Alexander Sotnichenko, professore di Relazioni Internazionali all'Università statale di San Pietroburgo, ex console russo in Israele ed esperto di questioni mediorientali, abbiamo chiesto un commento sullo stato delle relazioni russo europee.
Dopo quello che è successo ieri al Parlamento Europeo, cosa pensa del futuro delle relazioni politiche ed economiche fra l'Europa, l'Italia e la Russia?
"Le relazioni tra i nostri due Paesi hanno radici molto profonde, e hanno conosciuto un grande sviluppo con il governo Berlusconi. Purtroppo, dopo l'introduzione delle sanzioni oggi la nostra partnership economica ha subito una contrazione, non solo per il settore industriale ma anche per altri settori importanti come il settore del turismo e del Made in Italy, molto diffuso in Russia. Come possiamo risolvere questa situazione? Innanzitutto individuandone le cause: questo declino nei rapporti è stato voluto dagli Stati Uniti. L'Europa, primo partner commerciale della Russia, e l'Italia, infatti, non hanno interesse nel far sì che la partnership con la Russia subisca una battuta di arresto. C'è bisogno dunque che l'Europa torni ad essere indipendente nella definizione della sua politica estera per far sì che si torni ad una normalizzazione dei rapporti tra l'Europa e la Russia. Sfortunatamente oggi la dipendenza della politica estera dell'Ue da quella di Washington ci sta portando nella direzione di una guerra fredda tra Russia ed Europa. Episodi come quello di ieri al Parlamento Europeo, purtroppo, dimostrano, peraltro, come Bruxelles non abbia intenzione di sganciarsi almeno per ora da questo tipo di logica".
L'Europa però accusa la Russia di continuare a tenere un atteggiamento provocatorio in Ucraina...
"Oggi il governo di Kiev accusa la Russia di essere responsabile del collasso politico ed economico dell'Ucraina, cercando in questo modo di portare l'opinione pubblica ucraina contro la Russia. In realtà la situazione politica lì è molto difficile: ci sono stati dieci omicidi di attivisti politici dell'opposizione, di giornalisti, di ex ministri, e ogni giorno continuano a morire civili nel Donbass ma nessun media europeo ne dà notizia. Pochissimi giornalisti europei sono lì per documentare la vera e propria catastrofe umanitaria in corso nella regione. Ieri per esempio c'è stata una riunione in cui la popolazione ha chiesto al leader della Repubblica di Donetsk Zakharchenko di agire per proteggerli dai continui bombardamenti dell'esercito ucraino. Nel Donbass è in corso una guerra civile perché molti dei soldati che combattono sono ucraini e non vogliono vivere sotto il regime politico dell'Ucraina post-Maidan. Non mi piace la posizione europea che incolpa la Russia di essere responsabile di tutto in Ucraina: rivoluzione di Piazza Maidan, infatti, è stata fatta con il supporto dei gruppi ucraini, degli oligarchi ucraini e da gruppi nazisti che ora sono membri dei battaglioni del esercito che combatte nel Sud Est, e non dalla Russia".
Cosa ne pensa della crescente militarizzazione del confine con la Russia da parte degli Stati Uniti, pensa che Mosca reagirà in qualche modo?
"La Russia risponderà mandando l'esercito al confine con i Paesi Baltici? No, non credo. Supportiamo i cittadini russi e i cittadini di lingua russa in questi Paesi ma non immaginiamo neanche lontanamente di occupare militarmente questi territori, come loro pensano e dicono. Non manderemo l'esercito, forse verrà organizzata qualche esercitazione al confine ma non abbiamo intenzione di provocare un colpo di Stato come hanno fatto in Ucraina. Vogliamo solo essere indipendenti e proteggere i nostri interessi".
Ci sono margini, invece, per una cooperazione tra la Russia e l'Occidente sui principali dossier internazionali, come la Siria, la Libia o la lotta allo Stato Islamico?
"Per quanto riguarda la Libia, dopo le primavere arabe ormai è uno 'Stato fallito', diviso fra differenti gruppi terroristici. Prima avevamo delle buone relazioni con Gheddafi e penso che se l'obbiettivo era garantire la stabilità nella regione, dovevamo pensarci prima. Ora non possiamo fare nulla. Non abbiamo nessun rapporto con le autorità libiche, delle quali nessuna di fatto può dire di poter controllare l'intero territorio. In Siria abbiamo una buona relazione con il governo di Damasco che è l'ultimo governo positivo in Medio Oriente e che sta effettivamente combattendo contro l'Isis. La Russia deve assolutamente cooperare con l'Ue per combattere i gruppi terroristi in Siria e l'unico modo per combatterli è quello di supportare l'esercito di Assad. Ci sono state ombre sul suo governo, lo sappiamo, ma non abbiamo alternative contro lo Stato Islamico.
Hezbollah, il ruolo positivo dell'Iran nella Regione e l'esercito siriano sono gli unici strumenti efficaci sul territorio nella lotta all'Isis, poiché i paesi del Golfo, al contrario, stanno supportando il terrorismo. Per questo l'Europa deve essere coraggiosa e supportare l'esercito di Assad contro l'Isis in Siria".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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