È durata appena sette ore la carcerazione di Cesare Battisti. Il terrorista rosso, condannato in Italia a quattro ergastoli per altrettanti omicidi commessi durante gli Anni di piombo, è stato liberato dopo l'arresto. Il tribunale ha, infatti, accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dall'avvocato Igor Sant’Anna Tamasauskas che aveva annunciato ricorso in appello contro l’ordine di espulsione definendolo incostituzionale. Una mossa che allontana nuovamente la possibilità per l’Italia di chiedere l’estradizione come aveva ventilato nei giorni scorsilo stesso ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Battisti è stato arrestato nella sua casa di Embu das Artes, località collinare nell’entroterra di San Paolo, "a compimento di un ordine di detenzione amministrativa al fine dell’espulsione", decretata dieci giorni fa da un giudice federale di Brasilia. Al momento dell’arresto era in compagnia di moglie e figlia. La polizia federale lo ha poi condotto in una caserma di San Paolo, in attesa dell’espulsione. Il 3 marzo scorso, la giudice Adverci Rates Mendes de Abreu ha accolto la richiesta della Procura federale di considerare nullo l’atto di concessione del permesso di soggiorno a Battisti, definito "uno straniero senza documenti, condannato in Italia per gravi crimini". Il giudice ha pertanto avviato la procedura di espulsione, sollecitando il governo a verificare la possibilità di consegnare Battisti alle autorità di Francia o Messico, Paesi dove il terrorista ha soggiornato dopo la fuga dall’Italia e prima dell’arrivo in Brasile.
Battisti è stato condannato a due anni di reclusione, poi convertiti in affidamento ai servizi sociali, per la falsificazione dei timbri del Servizio immigrazione che gli hanno permesso di entrare illegalmente in Brasile dopo la lunga latitanza in Francia. L’ex militante dei Pac è residente nello Stato di San Paolo ed ha un regolare visto di lavoro ma la legge che regola la permanenza degli stranieri prevede che chi commette un reato per entrare o rimanere nel Paese può essere espulso. Ed è appunto il caso dell’ex terrorista, che entrò clandestinamente in Brasile usando almeno un paio di passaporti falsi, sui quali faceva apporre periodicamente timbri altrettanto falsi per dimostrare, nel caso di un controllo, di essere un turista francese in vacanza a Rio de Janeiro. Quando l’ex terrorista fu arrestato nel 2007, su richiesta dell’Italia, la polizia scoprì nel suo appartamento di Copacabana i documenti falsificati. Da lì la condanna che gli è costata le manette in vista della possibile espulsione, nonostante lo status di rifugiato politico concessogli dall’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva il 31 dicembre del 2010, ultimo giorno del suo secondo mandato. Quella decisione impedì l’estradizione in Italia e fece piombare ai minimi storici le relazioni diplomatiche tra l’Italia e il Brasile.
Uno sviluppo quello sul caso Battisti che qualcuno, tra gli osservatori, ha letto come legato alla vicenda di Henrique Pizzolato, l’ex dirigente del Banco do Brasil condannato a 12 anni e sette mesi di reclusione nel cosiddetto "Mensalao" e fuggito in Italia con il passaporto del fratello defunto. Ipotesi, quella di un possibile accordo di "scambio", finora smentita. Almeno ufficialmente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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