Non c’è giorno che Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine dopo le elezioni che si sono svolte all’inizio di maggio, non faccia parlare di sé. Questa volta ha attaccato i giornalisti, definendoli dei “figli di p…” che “si meritano di morire se hanno fatto qualcosa di sbagliato”.
Le dichiarazioni shock del neopresidente filippino sono arrivate nella serata di ieri, durante una conferenza che si è svolta a Davao, la città che ha amministrato per due decenni prima di guidare il Paese. “Solo perché siete giornalisti non siete protetti dagli assassinii”, ha affermato Duterte. E ha poi aggiunto: “La maggior parte di quelli che vengono uccisi, a essere franchi, ha fatto qualcosa. Nessuno ti uccide se non hai fatto niente di sbagliato”.
Il sindacato dei giornalisti filippini si è detto “sconvolto” dalle parole del presidente, che “non solo infanga il nome e il ricordo dei 176 colleghi che sono stati assassinati dal 1986 ad oggi”, ma ha anche “dichiarato caccia aperta per chiudere la bocca alla stampa libera”.
Dopo le parole di Rodrigo Duterte, infatti, la paura è anche che gli “squadroni della morte” annunciati nella sua campagna elettorale per “ripulire il Paese”, potrebbero colpire i giornalisti considerati scomodi dal nuovo esecutivo.
Le Filippine sono uno dei Paesi dove i giornalisti sono più a rischio.
Meno di una settimana fa Alex Balcoba, 56 anni, è stato ucciso a Manila da due uomini armati in sella ad una moto. Il giornalista, che si occupava di cronaca per un piccolo ma conosciuto giornale, il Peoplès Brigada, è il secondo reporter ucciso nelle Filippine dall’inizio del 2016.
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