Quella finestra d'inverno per tentare il negoziato (e il dialogo sottotraccia)

Da Blinken a Erdogan i segnali di una possibile apertura. L'occasione del G20 con Putin e Biden presenti. I timori Usa sulle "mosse" dei falchi

Quella finestra d'inverno per tentare il negoziato (e il dialogo sottotraccia)

Lo spettro dell'apocalisse nucleare e subito dopo un'apparente apertura di credito americana per una soluzione diplomatica. Oltre al neo sultano Erdogan che rilancia la mediazione turca per far tacere le armi. Segnali che sembrano contraddittori, ma potrebbero nascondere uno spiraglio per una trattativa sulla tragedia ucraina. Il presidente americano, Joe Biden, ha evocato la fine del mondo a colpi di armi nucleari facendo riferimento alla crisi dei missili di Cuba del 1962 quando le forze armate di leva furono mobilitate anche in Italia. A parte gli inglesi, nessuno, nel 2022, è pronto a qualcosa del genere nel Vecchio continente, ma uno scenario impazzito da «dottor Stranamore» non può essere escluso dopo sette mesi di guerra nel cuore dell'Europa.

Le frasi shock di Biden saltano fuori dopo le rivelazioni sul coinvolgimento dei servizi ucraini nell'attentato che ha tolto la vita alla figlia di Alessandro Dugin, il filosofo della Grande Russia. E soprattutto dopo il campanello dell'allarme suonato dal capo della Cia, William Burns, su Putin che costretto all'angolo dalle batoste sul campo di battaglia può diventare ancora più pericoloso. Non è un caso che in parallelo all'evocazione dell'Armageddon, il segretario di Stato americano, Antony Blinken abbia in qualche maniera sventolato il ramoscello d'ulivo. «Quando la Russia dimostrerà seriamente di essere disposta a intraprendere la strada del dialogo, noi saremo pronti», ha dichiarato il capo della diplomazia Usa. Poche ore dopo il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha rilanciato il suo ruolo di mediatore telefonando a Putin in occasione del 70imo compleanno. Ankara è «pronta» a fare «la sua parte per una soluzione pacifica» e il neo sultano vorrebbe incontrare il nuovo Zar tra «3-4 giorni» in Kazakistan.

La Casa Bianca comincia a porsi domande preoccupate sulle sorti di Putin e della Russia. Informazioni di intelligence passate al Washington Post parlano di di «divergenze» nella cerchia ristretta del Cremlino. L'Occidente vuole aiutare gli ucraini a liberare il loro paese, ma un effetto 1917 con il disfacimento del fronte da parte russa come era successo all'impero zarista nella prima guerra mondiale è visto come un incubo, che non farebbe solo crollare Putin ma destabilizzerebbe la superpotenza. Uno dei timori è che i falchi come il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, e il capo dei soldati di ventura della Wagner, Evgenij Prigozhin, stiano brigando per rimpiazzare il ministro della Difesa, Serghej Shojgu. Al suo posto punterebbero su Aleksej Djumin, che è stato guardia del corpo di Putin, ex vice ministro della Difesa e oggi governatore di Tula. Shojgu assieme al nuovo Zar ed il capo di stato maggiore, Valery Gerasimov, detengono le chiavi dei codici di lancio dei missili nucleari. Il teorico della guerra ibrida è il terminale del canale riservato di contatto con il suo parigrado al Pentagono attivato a fasi alterne dall'invasione del 24 febbraio.

L'escalation militare come la mobilitazione parziale e quella propagandistica, compresa la minaccia di apocalisse nucleare, è pure una tattica per alzare la posta che potrebbe nascondere la disponibilità a trattare vista la malaparata sul campo di battaglia. La risposta indiretta sarebbe la comunicazione aggressiva degli americani di questi giorni, che spaventa, ma allo stesso tempo lascia spazio ad un possibile spiraglio. Nel giro di un mese il generale inverno rallenterà le operazione e le forze di Mosca avranno bisogno fino a febbraio, primo anno di guerra, per dispiegare efficacemente i 300mila uomini della mobilitazione parziale. Dopo 200mila russi in fuga bisognerà vedere quanti hanno voglia di morire per il Donbass. Per la prima volta, un sondaggio credibile registra una maggioranza, il 48% di russi disponibili a trattare rispetto al 44% che vuole continuare la guerra.

Tutti segnali che non sfuggono agli americani in vista del G 20 di novembre alla presenza di Biden e Putin. Se decidessero di parlarsi gli ucraini insorgerebbero, ma la speranza di evitare un conflitto peggiore avrebbe una possibilità, forse l'ultima.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica