La guerra di Al Sisi contro l'estremismo: "Serve una rivoluzione religiosa"

Il presidente egiziano in discorso all'università al-Azhar ha chiesto agli imam del Cairo di cambiare l'islam e di renderlo tollerante

La guerra di Al Sisi contro l'estremismo: "Serve una rivoluzione religiosa"

Dall'Egitto arrivano segnali di cambiamento nel mondo islamico, che sarebbe sbagliato (e stupido) ignorare. Il presidente Abdel Fattah al-Sisi all'inizio dell'anno ha tenuto un importante discorso a studiosi e leader religiosi dell'Università al-Azhar al Cairo (nel X secolo, uno dei principali centri d'insegnamento religioso dell'islam sunnita). Ha esortato il suo Paese a fare una "rivoluzione religiosa" per cambiare l'islam e renderlo tollerante. Un appello ignorato dall'Occidente ma che suona tragicamente di attualità visto quello che è accaduto una settimana dopo a Parigi. L'ex generale ha scelto una data emblematica per il suo discorso, il primo gennaio, giorno in cui i musulmani celebrano il compleanno di Maometto (il 12° giorno del mese del calendario lunare di Rabia al-Awal). Rivolgendosi agli ulema dell'Università al-Azhar Al Sisi li ha esortati a lottare "contro la falsa ideologia che danneggia l'immagine dell'islam e dei musulmani e distrugge la nazione islamica", nonché a dare vita a un "discorso religioso" in "armonia con l'epoca attuale". Entrando nel vivo del suo discorso il presidente egiziano ha ribadito chiaro e forte che occorre "una rivoluzione religiosa e morale" e che "alcuni hanno mal compreso l'islam". A chi si riferiva in particolare? Facile rispondere, a quell'islam che guarda con profondo all'Occidente con profondo odio e disprezzo e sogna una jihad da combattere con le armi anziché lo spirito. Secondo la tv al Arabiya i veri bersagli di Sisi sono tre: Fratelli musulmani, Isis ed Hezbollah. E la battaglia oltre che politica deve, giocoforza, essere anche culturale (e religiosa).

Ma come si può rivoluzionare l'islam? Innanzitutto parlandone all'interno e continuando a parlarne, perché il dibattito (se libero) crea di per sé un miglioramento. Poi serve la collaborazione di studiosi e intellettuali, e il coordinamento da parte del governo. Questa, almeno, è la strategia che ha in mente Sisi. Che si chiede: "È mai possibile che un miliardo e 600 milioni di persone possano mai pensare di riuscire a vivere solo se eliminano il resto dei 7 miliardi di abitanti del mondo? No, è impossibile". Con queste parole si è rivolto ai leader religiosi: "Quello che io sto dicendo non potete percepirlo se rimanete intrappolati dentro questa mentalità. Dovete uscire da voi stessi e osservare questo modo di pensare dal di fuori, per sradicarlo e rimpiazzarlo con una visione più illuminata del mondo... Il mondo intero sta aspettando la vostra prossima mossa. Perché l'Umma islamica viene lacerata, viene distrutta e va perduta, per opera delle nostre stesse mani".

Al Sisi riuscirà nella sua impresa? Lo vedremo. Secondo la rivista americana Foreign Policy ne ha capacità e forza, non ha caso già l'anno scorso era stato inserito nella lista dei potenziali "Martin Lutero" in grado di "aiutare l'Islam a compiere il balzo dal fondamentalismo totalitario alla religione illuminata e liberale". L'ex generale forse non diventerà mai Lutero, ma si adopererà affinché nell'islam possa affermarsi una figura simile. In Egitto ma non solo. Perché per vincere la vera sfida contro il fondamentalismo serve soprattutto una risposta culturale.

Per quale motivo in Occidente si è parlato così poco del discorso di Al Sisi? Dare spazio a voci come questa, che vanno decisamente in controtendenza nel mondo islamico, può servire a vincere la partita contro i fondamentalisti. Ma a qualcuno forse interessa di più lo scontro di civiltà contro tutto l'islam.

Intanto al Sisi, dopo aver incontrato i partiti egiziani, compresi quelli dell'opposizione, avverte i partiti egiziani: c’è il rischio di una nuova rivoluzione in Egitto nel caso in cui dovessero fallire le elezioni parlamentari (la cui prima fase è fissata per i prossimi 22-23 marzo e la seconda per il 26 e 27 aprile). L’obiettivo del presidente è quello di avviare un dialogo nazionale per un "futuro politico e democratico dell’Egitto".

Secondo quanto riferito da Sayyed Abdel Aal, presidente del partito di sinistra Tagammu, al-Sisi avrebbe detto che il popolo egiziano potrebbe rivoltarsi contro il parlamento, come fece nel 2013 con l’allora presidente islamico Mohammed Morsi, se l’organo eletto non rispetterà l’incarico affidato dagli elettori.

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