Quando la maggior parte del mondo intero ancora non immaginava cosa fosse il Covid-19, la Cina stava già combattendo la sua battaglia contro il «demone» invisibile; quel demone che, di lì a poco, sarebbe diventato il nemico di tutta l'umanità. L'incubo inizia alla fine del dicembre 2019. Il Center for Disease Control and Prevention (Cdc) di Wuhan, capitale della provincia dello Hubei, rileva casi di polmonite di «causa sconosciuta». Nessuno pensava che quelle polmoniti fossero riconducibili a un virus altamente contagioso. Il governo si accorge tuttavia che c'è qualcosa di strano e manda i suoi esperti nella Città Azzurra per approfondire la questione. Il 31 dicembre, le autorità consigliano ai cittadini di evitare luoghi pubblici e assembramenti. A gennaio i medici identificano l'agente patogeno e condividono i risultati ottenuti con la comunità internazionale. Nel frattempo gli scienziati e i medici cinesi imparano a conoscere meglio il virus. Le autorità capiscono che la situazione rischia di diventare insostenibile, tanto per la Cina quanto per il mondo intero. I pazienti infetti aumentano giorno dopo giorno e gli ospedali sono pieni. Pechino decide quindi di attuare una misura drastica ma che, con il senno di poi, si rivelerà non solo decisiva, ma anche un modello da seguire, apprezzato dall'Oms e imitato da tanti altri Paesi del mondo. Il lockdown funziona: nel giro di poche settimane i malati diminuiscono e la pressione sulle strutture sanitarie si alleggerisce. L'8 aprile vengono finalmente allentate le misure e i cittadini di Wuhan ricominciano ad assaporare il gusto della normalità. Durante la fase di isolamento il sacrificio del popolo cinese è stato enorme ma le autorità non hanno mai abbandonato i cittadini, la cui salute è stata messa fin da subito al primo posto. È anche questa un'importante lezione che viene dal modello cinese: prima viene la salute delle persone, poi il profitto economico. Certo, il lockdown ha congelato le entrate finanziarie di molte attività ma il governo non ha fatto mancare il suo sostegno economico, limitando così al minimo le conseguenze negative della pandemia. Il risultato dell'approccio adottato dalla Cina all'emergenza Covid-19 ha fatto sì che il Dragone contasse poche vittime. Secondo i bollettini ufficiali diffusi dall'Oms aggiornati al 9 maggio, il gigante asiatico ha dovuto fare i conti con 4.633 morti e 84.415 casi totali su una popolazione formata da circa 1.4 miliardi di persone. Gli Stati Uniti, senza alcuna evidenza scientifica, hanno più volte accusato Pechino di mentire sui numeri.
Il fatto è che la Cina ha avuto risultati simili non perché ha nascosto i numeri ma per un altro, semplice, motivo: il governo cinese ha messo al primo posto la salute dei cittadini. Missione riuscita. Uno dei messaggi lanciati dalla Cina in questi ultimi mesi è che la vita delle persone viene prima di ogni altra cosa.in collaborazione con Cinitalia
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