Tra i soldati volontari arrivati da 52 Paesi "In guerra per la libertà"

In gran parte europei, ma anche americani e canadesi: "Putin è un bullo. Va fermato"

Tra i soldati volontari arrivati da 52 Paesi "In guerra per la libertà"

Kiev. «Quando la libertà è in pericolo bisogna agire: in combattimento con il primo soccorso o nella logistica. Tutto aiuta. Sono un paramedico militare, ma pronto ad andare in prima linea», conferma Ismail, un giovane di Lione con il volto mascherato e lo scudetto francese sulla giubba militare. Soldato francese, ha mollato tutto per venire a combattere contro i russi ed è orgoglioso di essere a Maidan, la piazza dell'indipendenza di Kiev.


Secondo il portale americano Site, che rilancia informazioni di intelligente, sarebbero già arrivati in Ucraina 20mila volontari stranieri provenienti da 52 paesi. In gran parte europei, a cominciare dai polacchi, ma anche da oltreoceano come americani e canadesi. Il richiamo alle armi della brigata internazionale è stato sancito all'inizio del conflitto da un apposito decreto firmato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Lane Perkins, che ha servito nella Marina americana, 26 anni di San Diego, è stato uno dei primi a decidere di presentarsi volontario quando erano scattati gli allarmi per una possibile invasione russa. «Mia moglie è sotto le armi e abbiamo un bimbo di due anni - racconta - Le ho detto che devo andare a combattere in Ucraina. Kiev è la capitale della libertà». Perkins ha comprato un biglietto aereo per Varsavia e alla frontiera con l'Ucraina ha trovato altri americani e i reclutatori. «A Leopoli ero in un'altra caserma con i volontari stranieri, quando hanno bombardato la base degli olandesi facendo una strage» ricorda il giovane americano, da una settimana nella capitale. «Per ora scorto convogli umanitari - spiega - ma spero di andare presto in prima linea». Un paio di dozzine di volontari vive in alcuni appartamenti di un palazzo non lontano dal centro di Kiev.

Gli altri americani arruolati nella Legione georgiana, nemica numero uno dei russi, non parlano, ma le «oche selvagge» sono più loquaci. Il «capitano», come ama farsi chiamare, è Charles Finney, un texano di 56 anni, il più anziano del gruppo. Ex pilota e avventuriero, indossa la giubba con i gradi di pilota civile. E va orgoglioso di una foto ai comandi di un Cessna che sostiene sia stata scattata nell'ex Jugoslavia durante la guerra etnica. Prima del crollo del muro, contrabbandava da Vienna apparecchiature medicali oltre la cortina di ferro. Dopo si è occupato di privatizzazioni nell'Est Europa e adesso guida 13 volontari che si fanno chiamare oche selvagge: «Abbiamo due ambulanze. Ex soldati inglesi e americani garantiscono la sicurezza delle missioni nei sobborghi attorno a Kiev dove si combatte o piovono granate». Ammiratore di Umberto Eco, che sostiene di avere conosciuto a New York, fa previsioni fosche: «Non sono Nostradamus, ma questo è un conflitto globale. Lo scontro finale fra il vecchio ordine e quello nuovo. Putin fa parte del sistema di stampo sovietico. È uno scontro fra civiltà». Sulla terza guerra mondiale, il «capitano» spera, come tutti, che non scoppi, ma «la situazione è simile al 1914 quando l'Austria lanciò l'ultimatum ai serbi dopo Sarajevo. Nessuno la voleva, ma è esplosa la grande guerra. Si rischia che la situazione sfugga, precipitando in un conflitto totale».


Nell'appartamento-base sventola la bandiera blu con le stelline dell'Unione europea. Kyle è un ex fante inglese, che ha appoggiato la Brexit, ma è convinto della chiamata alle armi nel vecchio continente. «Non mi piacciono i bulli come Putin. Sono pronto a combattere e non ho paura di morire». Orfano dai 6 anni, giura di essere stato spinto a raggiungere l'Ucraina «dalle sofferenze dei bambini». Come Chaudry Kirtisom Manna, indiano che studiava medicina a Kiev.

Gli altri lo chiamano «taliban», ma lui è hindu, figlio di un'attivista nazionalista. «Noi del Punjab siamo gente coraggiosa - sottolinea - Ammiro il patriottismo ucraino e per questo ho deciso di arruolarmi. In prima linea posso adoperarmi per i feriti, ma sono anche pronto a imbracciare il fucile».

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