Tirana - "Bris, ci sei? Non posso parlare, ma Ervin non è più tra di noi. Se n'è andato...è morto. Sono spacciata anche io!". Questo messaggio su Viber, inviato da un accampamento in Siria, è arrivato il 4 aprile sul cellulare di Brisilda Hasanaj.
La ventenne, che lavora in Grecia, dove è emigrata, a stento riuscì a credere che suo fratello fosse stato ucciso. "Sono stata la prima [della mia famiglia] a sapere da mia cognata che mio fratello era morto in Siria", racconta Brisilda. "Ora lei è sola laggiù, con due figlie".
Ervin Hasanaj, identificato dalle autorità di Tirana come uno dei 90 jihadisti albanesi che hanno raggiunto la Siria per unirsi al conflitto, è stato ucciso il primo aprile in circostanze che devono ancora essere chiarite. Il 24enne partì per la Siria tre anni fa ed era là con la moglie, Nexhmije, e due figlie. Si pensa che combattesse per lo Stato islamico.
Hasanaj è uno dei tredici cittadini albanesi che sono morti in Siria, combattendo per gruppi radicali come l'Isis. A differenza degli altri, però, si pensa che sia stato ucciso dal gruppo per cui combatteva, dopo aver cercato di disertare.
"Pensiamo che si sia rifiutato di combattere e che per questo sia stato giustiziato", ha raccontato una fonte ben informata sui gruppi jihadisti che combattono in Siria. Un'affermazione difficile da verificare, ragion per cui la famiglia Hasanaj non conosce con certezza le circostanze della sua morte.
Anche la madre di Hasanaj fatica ad accettare la morte del figlio. Seduta, in nero, in una stanza in affitto arredata poveramente nella città di Kamza, appena fuori dalla capitale, Tirana, Xhyhere Hasanaj racconta che tutto ciò che sa sono le poche informazioni che la nuora le ha dato al telefono.
"Mi ha detto che lo hanno ucciso mentre tornava all'accampamento dove vivono", spiega. "Le hanno mandato il corpo perché lo vedesse e poi lo hanno seppellito senza che lei fosse presente", aggiunge Xhyhere, le lacrime che le rigano le guance.
Per le autorità albanesi, i jihadisti che si dirigono in Siria per unirsi ai gruppi estremisti islamici sono diventati una fonte di preoccupazione. Lo scorso anno il ministero dell'Interno ha allargato il suo dipartimento anti-terrorismo e intensificato lo scambio d'informazioni sulla minaccia con l'Europol e altri governi occidentali.
A una domanda sulla morte di Hasanaj, il ministro dell'Interno, Saimir Tahiri, ha risposto che le autorità stanno lavorando insieme a servizi stranieri per fare luce su quanto è accaduto. "Siamo continuamente in contatto con le agenzie e con le famiglie di queste persone", ha detto Tahiri.
Xhyhere Hasanaj contraddice però le affermazioni del ministro, dicendo che nessuno ha bussato alla sua porta dalla morte del figlio. "Né la polizia né lo Stato sono venuti a chiedere di Ervin - mi ha raccontato -. Tu sei la prima".
Devoto già in tenera età
Hasanaj partì dall'Albania per la Siria il 16 gennaio 2013, insieme a Diamant Rasha, un altro jihadista albanese ucciso a dicembre 2013. Aveva 21 anni, una figlia, e ne aspettava una seconda.
Documenti ufficiali mostrano che la moglie lo aveva raggiunto in Siria con i due bambini, appena dopo aver messo al mondo la loro seconda figlia. Le sue figlie, ora di due e quattro anni, sono bloccate in un accampamento dell'Isis in Siria.
Sua madre, Xhyhere, dice che la loro vita è sempre stata difficile. Originaria della cittadina di Mamurras, si è spostata a Tirana 15 anni fa con i suoi figli ancora piccoli, alla morte del marito.
Senza un lavoro e con due bambini a cui dare da mangiare, trovò conforto nell'organizzazione Islamic Relief, che gli diede cibo e una piccola pensione. Xhyhere dice che se lei rimase indifferente alla religione, invece il figlio diventò musulmano già in tenera età.
"Aveva solo 12 anni quandò iniziò ad andare in moschea ogni giorno", ricorda. "All'inizio lo chiudevo in casa, ma poi non potei più costringerlo". Nonostante Xhyhere sia musulmana, parla del credo del figlio, curiosamente, come dell'«altra fede».
Parla con lo stesso dispiacere della nuora e dice che già molto piccola era coperta dall'hijab da testa a piedi. "Si sono incontrati grazie a un sensale e si sono sposati molto giovani", dice Xhyhere. "I parenti di mia nuora sono tutti musulmani praticanti".
Xhyhere descrive suo figlio come un ragazzo tranquillo e introverso, che aveva dedicato la sua vita alla fede. Molto tempo dopo avere lasciato l'Albania per la Siria, ancora non le aveva detto dove si fosse diretto. "Quando mi chiamava, mi diceva di essere in Europa", ricorda. "Mia nuora ripeteva lo stesso, fino a quando la gente non ha iniziato a parlare".
Quando scoprì che il figlio era in Siria, Xhyhere non poteva crederci. "È stato ingannato da persone che ora sono in prigione", dice. Xhyhere si riferisce a un network di reclutatori arrestati nel 2014, accusati di inviare combattenti dall'Albania ai gruppi islamisti in Siria. La banda era guidata da due imam, Genc Balla e Bujar Hysa, entrambi in arresto.
Documenti della procura sostengono che fu Hysa a reclutare Hasanaj per combattere in Siria. Il documento contiene l'intercettazione di una telefonata tra Hysa e il cognato di Hasanaj, Altin Beka. Le autorità intercettarono la conversazione a novembre 2013, quando Beka stava organizzando il viaggio verso la Siria della sorella e delle due figlie, per raggiungere Hasanaj.
"Sono arrivato in Hatay, ma non c'era nessuno ad aspettarci", disse Beka a Hysa, riferendosi alla provincia del sud della Turchia al confine con la Siria. Hysa rispose che avrebbero dovuto raggiungere un hotel nella città di Reyhanlı, dove si sarebbero incontrati con un contatto. La conversazione conferma che la moglie di Hasanaj attraversò il confine con la Siria con l'aiuto dei contatti di Hysa.
Una crescente disillusione
Hasanaj, membro del Fronte al-Nusra, sarebbe stato rapito da combattenti dell'Isis lo scorso gennaio. La notizia del suo rapimento aveva preoccupato il cognato Beka e l'imam Hysa. Una telefonata intercettata mostra che Hysa fu informato del rapimento di Hasanaj e si chiedeva se ci fosse dietro l'Isis.
"Forse il responsabile è l'Esercito siriano libero, perché lo Stato [Isis] ha un accordo con il Fronte al-Nusra", disse Hysa nella telefonata. Non è chiaro come il rapimento abbia cambiato i sentimenti di Hasanaj per il gruppo jihadista, ma sua madre dice che un mese prima della sua uccisione aveva iniziato a dirle che voleva tornare a casa.
"Un mese prima della sua morte, iniziò a dirmi che presto sarebbe stato a casa", dice Xhyhere. "Era deluso e non voleva più combattere". Ancora in lutto per la morte del figlio, Xhyhere ora spera che la nuora riesca a tornare a casa con le sue nipoti.
Dalla morte di Hasanaj, sua moglie Nexhmije si è unita alla legione di vedove con bambini bloccate nei campi dell'Isis in Siria. Dall'inizio del conflitto, sei delle tredici donne che hanno raggiunto i mariti in Siria sono rimaste vedove. Nonostante gli sforzi dei familiari, nessuna di queste donne abbandonate in Siria con i figli è riuscita a tornare indietro. Xhyhere Hasanaj dice che lo Stato albanese non ha offerto nessun tipo di aiuto.
"Mio figlio se n'è andato, ma voglio che le mie nipoti e mia nuora tornino a casa il prima possibile", dice. "È l'unica speranza che mi è rimasta".
Traduzione di Andrea Cortellari
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