Il 13 giugno è la Giornata Internazionale in difesa degli albini, ma è anche un’occasione per denunciare le violazioni dei diritti individuali subiti in diversi angoli del globo dalle persone caratterizzate da tale anomalia della pigmentazione. L’Onu ha così tuonato: “Gli atti discriminatori e violenti contro gli albini si manifestano proprio in quei Paesi in cui la maggioranza della popolazione è di colore”.
Di recente, le Nazioniunite hanno condannato con particolare forza la vera e propria “strage” di soggetti colpiti da albinismo in corso nell’Africa subsahariana, in particolare in Malawi, Tanzania e Zimbabwe. Gli ultimi rapporti stilati dall’organizzazione internazionale forniscono infatti un quadro raccapricciante del trattamento riservato dalla maggioranza nera di questi Paesi ai connazionali che scontano, nel proprio organismo, l’assenza o il funzionamento difettoso dell’enzima tirosinasi, preposto alla sintesi della melanina. Proprio nel continente nero, la presenza di soggetti affetti da tale anomalia congenita è molto alta, per lo più a causa delle frequenti unioni tra consanguinei praticate in varie fasce della popolazione locale.
Le persone munite di carnagione chiara verrebbero considerate dagli stregoni animisti “soggetti maledetti” e “portatori di disgrazie”, ma, una volta morti, le parti del corpo degli individui emarginati acquisirebbero “poteri taumaturgici”. Ad esempio, i pezzi del corpo delle bambine appartenenti a tale minoranza vengono ritenute dagli stregoni locali ingredienti fondamentali per realizzare “pozioni contro l’Aids”. Di conseguenza, la popolazione nera dell’Africa subsahariana starebbe conducendo una spietata “caccia all’uomo”, finalizzata a smembrare i soggetti che presentano una totale o parziale deficienza di pigmentazione scura nella pelle, nei bulbi oculari o nei capelli.
Sempre l’Onu ha quindi denunciato ultimamente il fatto che la convinzione delle potenzialità benefiche dei resti mortali degli albini avrebbe dato vita a un imponente“macabro commercio”. In Malawi, Tanzania e Zimbabwe, pezzi del corpo di queste persone vengono infatti smerciate nei villaggi a un prezzo pari a 500 euro, una cifra già di per sé esorbitante per quelle economie, mentre alla loro pelle viene addirittura attribuito un valore “stellare”: dai 1500 fino ai 7mila euro. In Malawi, in particolare, il culmine del commercio delle membra di persone dal pigmento chiaro si registrerebbe periodicamente, a detta delle Nazioni Unite, in coincidenza con le elezioni politiche. Secondo l’istituzione internazionale, che si rifà alle informazioni fornitele dall’Apam (Associazione malawiana per la difesa delle persone affette da albinismo), ogni volta che si svolgono in tale Paese le votazioni generali, migliaia di individui colpiti dall’anomalia in questione vengono “massacrate al fine di assicurare al Paese benessere e coesione politico-sociale”. Sarebbero gli stessi esponenti dei partiti malawiani a pagare a peso d’oro i resti mortali degli appartenenti alla minoranza dalla carnagione chiara, con l’intento di attirare su di sé la “benevolenza degli spiriti”.
Il rapporto stilato dall’Onu in concomitanza con le celebrazioni per la Giornata Internazionale in difesa degli Albini prosegue rimarcando il fatto che, nell’Africa subsahariana, i genitori di bambini soggetti a carenza di melanina, per proteggere questi ultimi dai raid omicidi promossi dagli stregoni animisti, devono restare costantemente chiusi nelle rispettive abitazioni a vegliare i loro figli. Di conseguenza, le mamme e i papà di persone albine devono rinunciare a uscire di casa e ad andare a lavorare nei campi, pregiudicando così la sopravvivenza economica dell’intero nucleo familiare. Altri genitori, al contrario, pur di assicurarsi un lauto guadagno preferiscono “vendere” i loro piccoli ai cacciatori di albini.
La barbarie in corso nel continente nero contro gli individui che scontano anomalie nella sintesi della melanina verrebbe, denuncia sempre l’organizzazione internazionale, “tollerata dai tribunali locali”. Tale dura affermazione dell’Onu è stata subito rilanciata dal sito Internet Osservatoriodiritti.it, specializzato in inchieste e analisi sul rispetto nel mondo delle liberà fondamentali dell’uomo. Il portale web ha appunto ribadito, in merito alle violenze contro la minoranza non-di colore perpetrate nell’Africa subsahariana: “Fino ad oggi sono stati pochissimi i procedimenti giudiziari, che danno un' impressione di impunità verso i soggetti autori dei crimini ai danni degli albini”.
Coloro che, nel contesto geografico in questione, riescono a sfuggire alle persecuzioni, sono comunque destinati a una morte in giovane età, mancando nel continente nero i preparati adatti a proteggere la pelle degli albini dalle forti radiazioni solari che si registrano a quelle latitudini. La pressoché totale assenza, nei dispensari farmaceutici di Malawi, Tanzania e Zimbabwe, di creme solari ad alta protezione, di conseguenza, condanna gli appartenenti a questa minoranza a morire tra i 30 e i 40 anni di età di cancro alla pelle. A tale proposito, Patrizia Floder Reitter, firma del quotidiano La Verità, ha commentato: “Per le forniture delle creme salva-vita si aspettano donazioni internazionali. Intanto, nel mondo milioni di neri pagano cifre esagerate per sbiancarsi la pelle”.
Dopo avere condannato il trattamento barbaro riservato agli albini dalle società dell’Africa subsahariana, le Nazioni Unite hanno puntato il dito contro i Paesi occidentali e la Cina. Ad avviso dell’istituzione globale, neanche al di fuori del continente nero gli individui affetti da carenza di melanina sarebbero infatti immuni da “forti discriminazioni”.
In Europa e in America, costoro sarebbero appunto costantemente “guardati con sospetto, derisi ed emarginati”, mentre nella nazione asiatica molti bambini colpiti da albinismo verrebbero “abbandonati” dai rispettivi familiari.
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