La Ue prova a porre fine ai controlli alle frontiere interne nell'area Schengen introdotti nel 2015 sull'onda dell'eccezionale incremento dei flussi migratori lungo la rotta balcanica ma la Germania e la Francia dicono di no.
Il commissario europeo agli Affari Interni, il greco Dimitris Avramopoulos, ha chiesto oggi di tornare al "normale funzionamento" dei controlli ai confini interni dei Ventotto Paesi membri e degli altri Stati associati agli accordi sulla libera circolazione delle persone. Da poco meno di due anni, infatti, diversi Stati dell'Europa settentrionale e centrale hanno reintrodotto i controlli: fra questi Germania, Austria, Svezia, Danimarca e Norvegia.
Con la grande ondata migratoria del 2015, però, l'effetto a catena è stato inevitabile. E molti governi ne hanno approfittato per mantenere i controlli, nonostante i rimbrotti che regolarmente sono arrivati da Bruxelles.
Germania e Francia: "Controlli per altri due anni"
Oggi le dichiarazioni piccate del ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maizière: "La posizione della Germania continua a essere la stessa: fino a quando le frontiere esterne europee non saranno sufficientemente sicure, serviranno controlli alle frontiere interne. Abbiamo i controlli su base europea attivi fino a novembre - ha concluso - Quattro settimane prima, dovranno essere prese diverse decisioni".
Da Parigi ha parlato il suo omologo francese Gerard Collomb, che ha sottolineato la minaccia terroristica a cui la Francia è esposta e ha ricordato i tanti attentati sventati negli ultimi mesi proprio grazie ai controlli alle frontiere interne: "Dobbiamo avere i mezzi per continuare a controllare le frontiere. L'idea che sviluppiamo è di continuare (i controlli alle frontiere interne) per più tempo e abbiamo indicato il periodo di 2 anni".
Con la Francia, a richiedere la proroga dei controlli per altri due anni c'è anche un gruppo di altri Paesi fra cui proprio la Germania.
Anche l'Austria chiede di mantenere i controlli
Le parole della Commissione Ue sono state criticate anche dal governo austriaco che, per bocca del ministro dell'Interno Wolfgang Sobotka ha enfatizzato la necessità di più controlli per monitorare lo
spostamento di migranti e terroristi.Il suo collega slovacco Robet Kalinak ha invece espresso una posizione differente spiegando che i controlli alle frontiere non sono una necessità reale per il suo Paese.
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