C'è un problema in questa storia, di fondo e insormontabile, che con il passare dei giorni si ingrandisce e diventa sempre più pesante: cosa fare quando la corda si è spezzata? Cosa fare quando si è andati già oltre a tutto? A chi far pagare il conto dei danni? Come fare poi a normalizzare una situazione fuori controllo? Partita autolesionista e insensata quella che si sta giocando tra Barcellona e Madrid. La Regione contro lo Stato, il governo locale contro il governo centrale. La casta che si alimenta dalla madre patria eppure si lamenta e si ribella, che tenta la mossa, fallisce e ritenta, esaspera i toni e grida alla dittatura, la proclamazione furba di un'indipendenza solo sussurrata, maestri di ambiguità, del giocarsi il tutto per tutto, di portare la regione più florida e prospera della Spagna sull'orlo del fallimento, la fuga delle aziende e del presidente che cerca rifugio tra le braccia di Bruxelles. Madrid che chiede l'arresto senza condizioni dei membri del governo di Barcellona, la Generalitat.
Non era mai successo prima che il governo centrale ordinasse l'arresto dei suoi stessi politici. Un inedito assoluto senza precedenti nella Spagna democratica e non solo. Incombono le elezioni convocate dal governo per il 21 dicembre in Catalogna. I separatisti non potranno partecipare perchè in carcere o fuggito a Bruxelles come Puigdemont. Fuori l'aria è tesa e si rischia l'escalation. Non ci sono più regole e la luce è sinistra. La situazione è ormai al limite della guerra civile perchè la rabbia covata è della gente, di qua e di là del piccolo regno che sogna la ribellione. A chi giova tutto questo? Non al governo centrale, costretto, per uscire dall'angolo, ad alzare la posta. Reagire per non restare a guardare come uno spettatore qualunque. Le manette ai politici non faranno che alimentare la spirale d'odio, di ferire il Paese fino a spaccarlo. Agitare e alimentare certi sentimenti si fa presto, il problema è che poi indietro non si torna. Il pugno di ferro rischia di rendere martiri un pugno di ribelli senza gloria. E così il gioco politico, le mediazioni, i compromessi diventano sempre più difficili. Il Paese con una delle Costituzioni più garantiste del mondo, attenta a tutelare le autonomie, ammaccato nell'orgoglio e nell'unità del suo popolo anche se è così facile dissotterrare quegli odi tra vicini di casa che sembravano spenti. La guerra civile è ancora così fresca nella memoria dei vecchi e sulle barricate hanno solo passato il testimonial ai giovani.
E il punto - ancora una volta- resta sempre quello: cosa fare quando la corda si è spezzata? Il salto è necessariamente nel vuoto. E in fondo c'è solo buio. Si va alla cieca, contemplando le regole previste ma mai nessuno prima d'ora ha battuto questa strada. E ogni giorni si rischia sempre un po' di più. È la conferma della linea dura, del pugno di ferro che fin da ottobre ha deciso di adottare Madrid e il potere giudiziario. Per Rajoy, per i giudici l'atto di ribellione è sempre stato non solo un elemento di illegalità ma un vero e proprio attentato all'unità dello Stato.
In gioco in questa battaglia geopolitica c'è il futuro della Spagna, certo. Il conflitto interno è ad un passo dal portare tutto alla disgregazione. Fuori la partita più grande: la stabilità geopolitica europea. L'Europa che per reggersi in piedi ha un bisogno disperato della vecchia Spagna.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.