Ad esordire l'operazione militare francese sono stati due velivoli Rafale muniti di apparecchi fotografici e videocamere in preparazione di eventuali raid, gli stessi utilizzati nell’operazione Chammal in corso da un anno in Iraq, sempre contro lo Stato Islamico. Ieri, il capo dell’Eliseo François Hollande aveva parlato di “autodifesa” per spiegare il cambiamento di strategia della Francia, che finora aveva risolutamente rifiutato di bombardare la Siria. Tutto mirato, secondo fonti riservate, ad annientare una cellula terroristica che preparerebbe attentati sul territorio francese, anche se è evidente che dietro la lotta di facciata all’Isis c’è la volontà di indebolire il governo legittimo di Bashar Al Assad. Così se Parigi e Londra hanno rotto gli indugi, l’Italia - dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha tenuto fuori il Paese da queste “iniziative spot” - conferma di volerne restare fuori e dimostra di non avere una posizione precisa sulla crisi siriana (il ministro Gentiloni in visita a Parigi ha parlato solo di “transizione politica”).
Pertanto le cancellerie europee non sono tutte uguali. A rompere il coro atlantista sono state Vienna e Madrid. Il presidente austriaco, Heinz Fischer, in visita a Teheran (è il primo capo di Stato dell’Unione Europea dal 2004 che va in Iran) ha ricordato durante l’incontro ufficiale con il suo omologo iraniano che l’intesa sul nucleare ha aperto “un nuovo capitolo” e che il governo di Vienna vuole rafforzare la collaborazione a tutto campo. Accompagnato dal ministro degli Esteri Sebastian Kurz e da quello dell’Economia Reinhold Mitterlehner, oltre che da una folta delegazione di imprenditori, Fischer - in un editoriale pubblicato dal Teheran Times - ha detto che le aree di cooperazione includeranno settori quali “l’energia, la tecnologia ambientale, il turismo, le infrastrutture, le attività forestali e la protezione civile” augurandosi che “il volume dei commerci raggiungerà 300 milioni di euro entro la fine dell'anno”. Nella stessa occasione il presidente iraniano Hassan Rohani ha ricordato che “l’Iran è pronto al dialogo con gli Stati Uniti, con l’Arabia Saudita e con altri Paesi influenti per trovare una soluzione al conflitto in corso in Siria e per discutere del futuro del Paese”. Senza mezze misure il ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz ha replicato così all’invito di Rohani: “l’Occidente dovrebbe coinvolgere Iran e Russia, per combattere lo Stato islamico”, sottolineando la necessità di un approccio pragmatico che preveda “il coinvolgimento di Bashar Al Assad, nella lotta contro i terroristi dello Stato islamico”.
Alle stesse conclusioni è giunto il ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Garcia Margallo, che dopo la sua visita ufficiale in Iran (separata da quella austriaca) ha affermato in un’intervista con la radio Cadena Ser della volontà da parte del governo di Madrid di agire verso “una parziale tregua, a partire da Aleppo, per arrivare da un cessate il fuoco globale” ma negoziando innanzitutto con il presidente legittimo siriano dato che “con Daesh non c’è la possibilità di dialogare”.
Così Madrid e Vienna rompono definitivamente il tabù della demonizzazione di Bashar Al Assad con il quale l’Occidente, spinto dalla “mezzaluna sunnita” (Turchia, Arabia Saudita e Qatar) ha interrotto i rapporti da quattro anni.
E sul piano diplomatico si fa sempre più largo il piano russo che prevede una coalizione internazionale anti-Isis con l’integrazione nelle trattative della mezzaluna “sciita” (Hezbollah libanese, governo legittimo siriano e Iran), che a differenza dell’altra non ha provocato sta cercando di pacificare la regione mediorientale.
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