Avrebbe dovuto essere l'Olimpiade che cancellava quella delle svastiche nel 1936; a meno di un trentennio dalla Shoah, la Germania Occidentale stabiliva che il motto sarebbe stato «i Giochi felici». Questa «felicità» per cui i controlli furono diminuiti e le informazioni (che pure riguardavano la banda Baader Meinhof , oltre ai palestinesi) diluite, fu una delle ragioni che condusse al massacro antisemita di Monaco di Baviera. Alle quattro di mattina del 5 settembre 1972 otto terroristi coi Kalashnikov e le granate, membri di Settembre Nero, affiliato dell'Olp, su ispirazione di Abu Mazen (sì, lo stesso che oggi è il presidente dell'Autorità Palestinese) e di Abu Yihad, il vice di Arafat, fecero irruzione nelle stanze in cui 11 atleti israliani riposavano. Due che si opposero lottando, Moshe Weinberg e Yosef Romano, furono uccisi subito. Dire quello che accadde nelle ore successive in quelle stanze e sul breve spazio prospicente non somiglia a un film d'azione ma da un lato al più orribile massacro, che condusse alla morte disumana degli undici sportivi, uno fu perfino evirato. E dall'altro a un balletto senza senso di decisioni mancate, di conferenze stampa degli assassini che mangiano e ridono per i fotografi, senza che le forze dell'ordine tedesche cerchino di fermarli. In un film una poliziotta tedesca flirta con un terrorista, mentre dentro le stanze gli atleti vengono fatti a pezzi.
I palestinesi comunicarono che il loro scopo era liberare 234 prigionieri palestinesi in Israele e, in Gemania, i leader della Baader Meihof. Anche questo attentato, come quello che a Roma uccise il bambino Stefano Tache alla Sinagoga di Roma nel 1982, era stato concepito da Mohammad Daoud Oudeh, «Abu Daud»: il terrorista ha raccontato come la cosa gli balenò in un caffè della capitale, e di come addestrò in Libia i palestinesi. Lui stesso si stabilì, pronto, a Monaco.
Durò 19 ore il balletto con cui la Germania, invece di bloccare a ogni costo l'orrore contro gli ebrei sulla sua terra, fece di tutto per tenere basso il volume, cosicché il terrore risuonò alto nel mondo. La Germania non consentì agli israeliani di far intervenire gli uomini di Ehud Barak allora capo dell'unità speciale Saieret Matkal; confusi, incerti, inventarono un piano di trasporto in elicottero a una base aerea Nato per evacuare terroristi e ostaggi, e causarono la strage definitiva di tutti gli ostaggi, oltre a uccidere cinque terroristi e un ufficiale tedesco.
Tre terrorisi catturati furono liberati in uno scambio che coinvolgeva, guarda caso, un aereo della Lufthansa. Fantastico ancora, a ripensarci, che con un lacrimoso discorsetto di circostanza Avery Brundage, presidente del Comitato Olimpico, spiegasse che le Olimpiadi non sarebbero state interrotte. Di nuovo a Monaco si andava avanti sul corpo straziato del popolo ebraico, e così ha fatto per anni anche il Cio. La solitudine è durata nel tempo nel rifiuto alle famiglie dei trucidati che ogni Olimpiade dovesse contemplare una cerimonia in memoria. Schultz ha adesso finalmente trovato un accordo per una ricompensa che testimoni la responsabilità tedesca, e le famiglie degli uccisi sono in visita col presidente Herzog per commemorare il 50° anniversario. Stravolta non sarà affondato nella burocrazia, nell'occultamento dei documenti legati alla storia, nella sostanziale naturalezza con cui si guarda spargere il sangue dei cittadini israeliani ed ebrei innocenti.
Mentre scriviamo, ci giungono le notizie di un attentato a un autobus di linea israeliano con sette feriti. Allora, al centro stampa delle Olimpiadi su 14 schermi, 11 mostravano le gare e 3 l'edificio del sequestro in diretta; 900 milioni di persone nel mondo hanno guardato l'evento. I terroristi sequestrarono i video di tutto il mondo e li fecero loro. Un magnifico successo. Non hanno più smesso. Nel 1968 c'erano circa 11 gruppi terroristici internazionali. Dopo il massacro di Monaco, salirono a cinquanta.
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