“Attenti a come vi muovete, siate cauti”. Questo il monito ufficiale del Ministero della Difesa di Pechino nei confronti della Marina degli Stati Uniti dopo l’accordo raggiunto con Manila. Nello specifico, la US Navy ha ricevuto accesso libero in cinque basi militari delle Filippine, alcune prossime al contestato Mar Cinese Meridionale. L’Air Force potrà schierare piattaforme aeree anche presso l’Antonio Bautista Air Base, struttura di proiezione, sull'isola occidentale di Palawan.
Possiamo soltanto predicare cautela – ha aggiunto il portavoce del ministero della Difesa Yang Yujun – la Marina degli Stati Uniti deve prestare massima attenzione.
“Questo tipo di alleanze sono un riflesso di una mentalità da guerra fredda. La cooperazione militare bilaterale non dovrebbe minare gli interesse di un terzo soggetto. E’ un atteggiamento che procede nella direzione opposta: noi vogliamo solo pace, sviluppo e cooperazione. Sono gli Stati Uniti che stanno provando a destabilizzare la Regione, procedendo alla militarizzazione del Mar Cinese Meridionale".
Costellato da piccole isole, scogli e secche, il Mar Cinese Meridionale è al centro di una disputa territoriale che contrappone tra loro Brunei, Malesia, Filippine, Taiwan, Vietnam, Corea del Sud, Giappone e Cina. Tensioni che si sono acuite negli ultimi anni, perché la Cina ha effettuato diverse operazioni di dragaggio, costruendo aerodromi, porti e fari.
L’isola di Woody, ad esempio, la più grande della catena Paracel. Ospita un aeroporto fin dagli anni ’90 e si trova a 250 miglia a sud est di un'importante base sottomarina cinese sull'isola di Hainan. La nuova pista di atterraggio realizzata dai cinesi è stata testata lo scorso novembre con velivoli militari e civili. Il 24 febbraio scorso, Pechino ha schierato caccia intercettori Shenyang J-11 e cacciabombardieri Xian JH-7 nell’isola di Woody, per scoraggiare “intrusioni non autorizzate sulle isole contestate”. Una settimana prima, i cinesi hanno completato il rischieramento di batterie missilistiche HQ-9 con una gittata di 200 chilometri.
La Cina rivendica Woody Island fin dal 1950, ma è contestata anche da Taiwan e Vietnam. Militarizzata l’isola di Woody, il Pentagono teme lo stesso destino per le isole Spratly. I satelliti hanno già confermato attività in un'isola artificiale sul Cuarteron Reef, proprio nelle Spratly: si teme la costruzione di un radar ad alta frequenza. L’amministrazione Obama ha confermato a più riprese che gli Stati Uniti avrebbero continuato a sfidare le rivendicazioni territoriali di Pechino nella Regione ed a navigare in quelle acque, secondo quanto previsto dal Diritto internazionale.
L’accordo con Manila, autorizza il Pentagono a fortificare le cinque basi operative. La prima mossa è quella di schierare nell’immediato artiglieria mobile M109A6 Paladin, per scoraggiare le minacce in entrata nel Mar Cinese Meridionale.
La contromossa cinese esiste da tempo. Scrisse la CIA in un memorandum del 2009: “se funzionasse sarebbe assolutamente in grado di perforare ogni difesa esistente”. Parliamo della versione missilistica D del “Dong Feng-21”, che colpisce il bersaglio a mach 10. L’unico modo per eludere un attacco portato da un missile carrier killer da mach 10 di cui si sconosce l’esatto punto di lancio, sarebbe attraverso l’utilizzo di contromisure elettroniche. Il DF-21D dovrebbe avere un raggio d’azione di 2500 km e sistema di guida inerziale con radar attivo nella fase terminale. Il modello più recente, il DF-26, è dotato di testata nucleare. Se, al momento solo indiscrezioni, il DF-21D implementasse la medesima tecnologia “a sciame” (magari simile a quella concepita per il russo SS-N-19 Shipwreck”), con capacità dei vettori di interagire tra di loro stabilendo la priorità, non ci sarebbe difesa.
Ma l’attività nel Mar Cinese Meridionale, è solo uno dei problemi per gli Stati Uniti. I servizi segreti occidentali, infatti, confermano che la Cina ha messo in servizio i nuovi missili balistici intercontinentali Dong Feng 41 ed avviato la produzione seriale. Parliamo di sistemi in grado di trasportare fino a dieci testate manovrabili indipendenti a rientro multiplo da 250 chilotoni a quattordicimila chilometri di distanza, in grado di colpire qualsiasi parte degli Stati Uniti. La classe “Dong Feng” o “Vento dell’Est” è formata da una serie di vettori balistici intercontinentali a medio e lungo raggio in servizio con la Forza Strategica Missilistica cinese. Il DF-41 è implementato ad un lanciatore mobile, quindi presenta una bassissimo grado di simmetria. Pechino dovrebbe disporre da un minimo di 200 ad un massimo di 400 testate nucleari. Capacità “irrilevante” se consideriamo che l’arsenale nucleare degli Stati Uniti comprendere 4760 testate. Solo dal mare, gli USA possono lanciare in ogni momento 1536 testate indipendenti da 450 Kilotoni grazie agli otto sottomarini classe Ohio sempre in navigazione.
Dalle quattro basi nel Montana, Nord Dakota e nel Wyoming, infine, la Casa Bianca può ordinare il lancio 400 missili LGM-30. Nonostante tale impressionante capacità di fuoco, il territorio americano è nel raggio strategico di Russia, Cina e, forse, Iran.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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