Morto in Liberia Michel du Cille, fotografo che vinse tre premi Pulitzer

Il fotoreporter del Washington Post è stato colpito da un infarto mentre si trovava in Liberia per lavoro

Dal sito pulitzer.org
Dal sito pulitzer.org

Con la macchina fotografica era un maestro. Ne era consapevole, ma con i suoi scatti cercava "solo" di raccontare la vita nella sua bellissima verità. Era capace di catturare"drammatiche immagini di lotta e di trionfo dell’essere umano", scrive il Washington Post. Sensibilità e bravura che gli valsero non uno ma ben tre Premi Pulitzer. Michel du Cille, 58 anni, è morto per un attacco cardiaco mentre si trovava in Liberia per lavoro. Di recente aveva documentato la tragedia dell’Ebola e la spasmodica lotta condotta sul campo dagli operatori sanitari per sconfiggere, o per lo meno arginare, il terribile morbo. Du Cille si è sentito male mentre rientrava, a piedi, da un villaggio nel distretto di Salala, nella contea liberiana di Bong, dove stava lavorando ad un progetto. Trasportato all’ospedale più vicino, situato a due ore di distanza, è arrivato senza vita.

Il direttore del Washington Post, Martin Baron, ha inviato una nota al personale del giornale descrivendo du Cille come "un collega amato e uno dei fotografi più esperti nel mondo". Due premi Pulitzer li vinse come fotografo del Miami Herald negli anni '80: il primo, nel 1985, per alcuni splendidi scatti che documentavano un'eruzione vulcanica in Colombia. Il secondo riconoscimento arrivò due anni dopo per un reportage su una comunità di recupero di tossicodipendenti di Miami (Florida). Nel 2008, dopo venti anni che lavorava al Wp, insieme a due colleghe vinse il Pulitzer per un servizio in cui venivano documentate le gravi condizionidi vita di alcuni reduci di guerra nel Walter Reed Army Medical Center (foto). Lo scandalo che ne derivò portò alla chisura della struttura sanitaria, avvenuta tre anni dopo.

Come scrive il Post.it "tra gli anni Novanta e i primi anni del Duemila du Cille seguì diverse crisi dal Sudan all’Afghanistan, dove nel 2013 rischiò molto quando si trovò in mezzo a una sparatoria.

Si occupò anche delle guerre civili in Sierra Leone e Liberia, paese che conosceva piuttosto bene e al quale in un certo senso era ormai affezionato. Tornò in Liberia quest’anno per documentare la grave epidemia di ebola, spostandosi tra diversi villaggi e facendo base a Monrovia, la capitale del paese africano".

- Leggi l'articolo del Washington Post

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