L’esito elettorale statunitense non va proprio giù all’”hummus” anti-Trump, a livello nazionale ma anche globale.
La Clinton e i suoi sostenitori apparivano sicuri della vittoria, probabilmente non avevano messo in conto una possibile sconfitta, come del resto non l’avevano fatto i sondaggisti, i media e gli “esperti” che davano Trump per spacciato.
Una doccia fredda inaspettata e una forte delusione che traspariva durante il discorso della Clinton davanti ai suoi elettori, anche perché la candidata democratica non ha soltanto perso, ma ha subito una pesante sconfitta, perdendo entrambe le camere, ora a maggioranza repubblicana. Ovviamente adesso c’è chi accusa il sistema dei Grandi Elettori per la sconfitta della Clinton, appigliandosi a statistiche che lasciano il tempo che trovano e che probabilmente non sarebbero state tirate in ballo se avesse vinto la candidata democratica.
Le reazioni degli anti-Trump sono risultate eloquenti fin da subito, quando migliaia di manifestanti sono scesi per le strade di molte città americane con modalità, coordinazione e tempistiche che destano serie perplessità in quanto alla natura spontanea del fenomeno, per protestare contro il risultato delle elezioni. Un vero e proprio caso di estremismo politico violento su vasta scala. Invocando “inclusione”, “tolleranza”, “anti-islamofobia”, “abbattimento dei muri”, i manifestanti hanno distrutto auto, appiccato incendi, lanciato bastoni incendiari contro le forze di polizia, bloccato strade, defecato e urinato su immagini del neo-eletto Trump. Ovviamente tutto in nome dell’“antifascismo” e nel rispetto della democrazia. In poche parole, il meccanismo elettorale va bene, ma soltanto se l’esito li soddisfa.
L’elezione di Donald Trump fa paura, ma non per la retorica elettorale utilizzata dal candidato e, a quanto pare, risultata vincente. Trump fa paura per le sue posizioni e per le possibili ripercussioni a livello globale che rischiano di stravolgere totalmente asset e meccanismi dimostratisi deleteri su scala globale: l’immigrazione illegale e incontrollata (che come definito dallo stesso Buzzi, è più redditizia del traffico di droga), la degenerazione dei rapporti con la Russia (unico paese che ha preso misure serie ed efficaci per contrastare il terrorismo islamista), la crisi in Ucraina, l’allargamento della NATO a oriente e la disastrosa campagna a favore delle “Primavere Arabe” che non ha soltanto rischiato di portare al potere gli islamisti, ma che ha devastato paesi come Siria, Libia e in maniera minore l’Egitto.
Non è certo un caso che Mamdouh al-Munir, membro della Fratellanza Musulmana egiziana, ha definito l’elezione di Trump “un disastro” per il mondo arabo e islamico. Ora, che per i Fratelli Musulmani la sconfitta della Clinton sia una catastrofe non è certo “segreto di pulcinella”, tanto che venne contestata in piazza al Cairo durante la rivolta anti-Morsy. Quello che fa invece sorridere è come al-Munir allarghi la “catastrofe” a tutto il mondo arabo-islamico, appropriandosi così di una rappresentatività che di certo non appartiene all’organizzazione islamista radicale.
Nel frattempo alcuni segnali interessanti emergono sul web: in primis, in concomitanza con le rivolte violente in strada nella notte dell’esito elettorale, appariva su Craigslist, database molto popolare negli Stati Uniti che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti, incontri e quant’altro, un annuncio pubblicato a Seattle per “combattere l’Agenda Trump”, fatto già ampiamente documentato da Occhi della Guerra ieri.
Sempre ieri, il sito dell’analista Daniel Pipes mostrava un tweet, alquanto controverso, pubblicato da Hussam Ayloush, leader del CAIR (organizzazione islamista con base in Usa e ritenuta vicina ai Fratelli Musulmani) nella notte del 9 novembre, proprio in concomitanza con l’esito del voto e le manifestazioni di strada: “Ok, repeat after me: Al-Shaab yureed isqat al-nizaam”. Trattasi di uno slogan delle Primavere Arabe: “Il popolo vuole buttare giù il regime”.
Un altro fatto, decisamente più grave, è quello di Monisha Rajesh, giornalista presso il britannico Guardian, che in un tweet invoca un “assassinio presidenziale”: “It's about time for a presidential assassination" (è giunto il momento per un assassinio presidenziale). Il tweet era diretto a un altro giornalista, Mark C. O’Flahery che risponde: "haaaa – that's all we’ve talked about for the last hour" (haaa-abbiamo parlato solo di questo nell’ultima ora). Gli account Twitter e Facebook della Rajesh risultano attualmente disabilitati ma il fatto resta di una gravità inaudita.
Nelle prossime settimane
non possiamo che aspettarci altri episodi di intolleranza e violenza da parte di quell’estremismo violento organizzato che non accetta l’esito del voto democratico se non soddisfa le proprie aspettative.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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