La Le Pen più rassicurante, Zemmour più feroce: sfida di destra in piazza

Comizi nel Nord post industriale: le accuse a Macron e all'Islam. Ma l'incubo è Pécresse

La Le Pen più rassicurante, Zemmour più feroce: sfida di destra in piazza

Toni brutali senza mezze misure. Il «derby elettorale del Nord» mostra i muscoli di Marine Le Pen ed Éric Zemmour nei primi due meeting politici dopo l'alleggerimento delle misure sanitarie in Francia. Due comizi contrapposti, testi rivisti in corso d'opera e pronostici della vigilia azzerati da un sondaggio dell'ultimora. Secondo Ipsos-Sopra Steria per Le Parisien, i due antagonisti più a destra (rispetto ai neogollisti) per la prima volta sono testa a testa al 14% ciascuno, al primo turno per l'Eliseo; Valérie Pécresse li supererebbe col 16,5%, qualificandosi contro Emmanuel Macron (24%), con chance di battere il presidente uscente proprio grazie ai voti dei protagonisti della giornata di ieri. Che vanno quindi all'attacco. Comincia Zemmour, capo del movimento «Riconquista!». Si proclama giustiziere di una Francia «dove le leggi dello Stato sono rimpiazzate dalla sharia». La «terribile verità» che qualcuno vuol negare, dice, è che «la Francia si sta islamizzando a gran velocità, prendiamo Roubaix, un Afghanistan a 2 ore da Parigi», si vedono più moschee che gonne. «Z» tuona contro il niqab, mentre la Francia «sparisce» sotto gli occhi del governo: «Scandaloso». Poi lancia la proposta di destinare 10mila euro per ogni francese che nasce in una cittadina delle zone rurali, togliendo i finanziamenti ai richiedenti asilo per tamponare gli effetti della teoria della «grande sostituzione». «Lanceremo la più grande riforma di Stato dai tempi del generale De Gaulle, abbiamo cinque anni per cambiare il Paese più burocratico del mondo», insiste Zemmour. Sferza la macchina transalpina, ma pure Macron, accusato d'aver speso «140 milioni di euro per aiutare lo sviluppo della Cina» in piena pandemia; e il governo, ignorare l'emergenza abitativa che vede «il 20% di stranieri occupare le case popolari». «La festa è finita, ridaremo gli alloggi ai francesi e aumenteremo gli stipendi netti, fino a 150 euro al mese in più». Se «Z» vuol usare i miliardi di aiuti agli stranieri per tagliare le tasse sul lavoro, nessuno dei due candidati, dal palco, vuol parlare dell'altro, vista l'inedita parità percentuale tra l'ex editorialista del Figaro in guadagno (+2%) e la leader del Rassemblement national in leggera perdita. «Z» riunisce a Lille circa 7mila persone, Le Pen oltre 4mila a Reims. Sfida ravvicinata: nel nord ormai deindustrializzato chiamato a raccolta dai due contendenti. Il conservatore-liberale-identitario contro la collaudata destra nazionalista. Sono in un fazzoletto. E Le Pen prova a rendersi più desiderabile. Su certi temi, è accusata dai supporter di «Z» di strizzare l'occhio alla sinistra. Per esempio quando cita dal palco la lotta all'evasione fiscale. Al suo terzo tentativo di conquistare l'Eliseo, BleuMarine rispolvera la formula del «patriottismo economico». Vuol fare uscire la Francia dalla Nato, dice. Conserva i temi «forti»: anche per lei, potere d'acquisto, immigrazione e islam. Ma «non voglio una guerra di religione». È la prima volta che lo dice in modo così netto. Un videomessaggio di Viktor Orban e di Matteo Salvini. Poi prende la parola e Macron diventa il bersaglio prediletto, accusandolo d'aver portato «immenso caos». «I francesi non sono condannati all'abbandono», promette Le Pen rilanciando pure la «laicità applicata nello spazio pubblico e nelle imprese». Se la prende con Bruxelles e con i «talebani del verde», schierandosi con gli agricoltori vittime di «campagne diffamatorie e aggressioni». Boccia il patto Ue sui migranti: «È un patto col diavolo che dà all'Europa il potere di dire chi può trasferirsi da noi e chi dev' essere espulso»; e Macron «lo aggrava ogni giorno». Ma si abbandona pure a un momento di inedita intimità parlando del divorzio dei genitori quando aveva 16 anni. «La vita è fatta di sacrifici, difficoltà, prove». Ricorda l'arrivo dei suoi «meravigliosi» figli.

Getta il suo privato nella campagna elettorale: «Sono stata una di quelle famiglie monoparentali per anni, conosco la difficoltà psicologica che ciò rappresenta». Anche così punta a distinguersi dal feroce Zemmour. Con un tocco di materna umanità.

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