Un russo dalla parte degli ucraini: non è la prima volta e neanche una novità ma fa rumore perché si tratta di una persona molto influente. È Pavel Durov, fondatore di Telegram, costretto da Putin a lasciare il suo Paese alcuni anni fa e diventare cittadino francese dell'isola caraibica di Sant Kitts e Nevis. Oggi vive a Dubai e guida il suo gioiello di messaggistica istantanea famoso in tutto il mondo con oltre 55 milioni di utenti attivi ogni giorno. A 35 anni, però, ha dovuto lasciare la Russia e iniziare tutto daccapo a causa di un no detto a qualcuno di molto influente all'interno del Cremlino che gli è costata molto cara.
La parabola di Durov
Esattamente 10 anni fa, nel 2012, era felice e miliardario a soli 25 anni per aver fondato, a 19 anni, il Facebook russo "VKontakte", il social più diffuso nel suo ormai ex Paese. La sua caduta, però, ebbe inizio proprio quell'anno per essersi rifiutato a una richiesta proveniente dai quartieri alti della politica russa di chiudere i gruppi che usavano il suo social per organizzare alcune marce di protesta a Mosca e a Kiev. Come ricorda il Corriere, le autorità dell'epoca gli chiesero di condividere alcune informazioni riservate violando la privacy di alcuni utenti di quei gruppi perché "protestavano contro un presidente filorusso" ma rifiutò perché "avrebbe significato un tradimento dei nostri utenti ucraini", ha dichiarato poco tempo fa. Il suo rifiuto costò caro, due anni dopo, perché gli si mise di contro l'oligarca Usmanov, per intenderci l'uomo del super yacht adesso confiscato che ogni estate solca le acque della Costa Smeralda e considerato tra gli uomini più ricchi non soltanto di Russia. Sogaz, compagnia di assicurazioni nata Gazprom, prese il controllo della società e Durov fu costretto a vendere tutto e scappare all'estero. "Ho perso la mia azienda e la mia patria, ma rifarei tutto allo stesso modo, senza alcuna esitazione", ha sottolineato.
La rivincita di Telegram
Oggi, da Dubai, guida la sua società e si gode i profitti oltre alla sua rivincita personale: il primo social, quello russo, ebbe un enorme successo locale. Telegram ha un successo internazionale, i guadagni sono alle stelle e può vantarne l'uso da parte del presidente ucraino Zelensky da dove ha lanciato l'appello alla resistenza ai suoi combattenti ucraini ma è usatissimo anche dai russi, i quali cercano informazioni vere salvo poi far circolare fake news a piacimento. Telegram possiede canali pubblici e privati che possono essere gestiti da aziende o singole persone ed essere seguiti da un numero illimitato di persone. Rispetto agli altri social non esiste l’algoritmo ma viene "guidato" soltanto da una trentina di persone.
È chiaro che c'è anche il rovescio della medaglia: in epoca di Covid-19, non si contano le chat con le fake news dei no vax, italiani e internazionali. Oggi, in epoca di guerra, aumentano i canali interni dove vengono diffuse notizie false o non verificate, tant'é che Durov aveva anche pensato di chiuderlo temporaneamente a russi e ucraini. Senza saperlo, però, proprio Putin sta contribuendo ad aumentare il successo di Telegram: anche la disinformazione crea traffico, interazioni, utenti e download. Tutti guadagni.
"Difenderemo sempre la privacy"
Pochi giorni fa, Pavel Durov Pavel Durov ha detto che la società continuerà a difendere i propri utenti ucraini "qualunque cosa accada" perchè "il loro diritto alla privacy è sacro, ora più che mai", ricordando quanto gli accadde nel 2013. Prima era un "dipendente" russo, adesso è un dipendente libero, differenza enorme. "Se seguite i miei post, sapete che dalla parte di mia madre, traccio la mia linea di famiglia da Kiev.
Il suo nome da nubile è ucraino (Ivanenko), e ancora oggi abbiamo molti parenti che vivono in Ucraina. Ecco perchè questo tragico conflitto è personale sia per me che per Telegram", conclude Durov in un commento sul suo social.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.