Quei satelliti spia della Ue che non fermano i barconi dei migranti

Il progetto-pilota di Frontex intercetta le radiofrequenze e localizza i barconi. Le ong protestano per il rischio che i dati vadano alla Guardia costiera libica. L'Ue nega: ma spunta una domanda

Quei satelliti spia della Ue che non fermano i barconi dei migranti

Un occhio che controlla il Mediterraneo. Una rete di satelliti che osserva, ma soprattutto che intercetta radiofrequenze satellitari per captare qualsiasi segnale proveniente dal mare. Input di telefoni e di altri sistemi che potrebbe essere l'indizio della presenza di persone, di migranti ma soprattutto di trafficanti di esseri umani. Reti criminali che rappresentano non solo organizzazioni radicate e pericolose che agiscono in tutto il Nord Africa, ma anche elementi che mettono a rischio la vita di migliaia di uomini e incidono sulla stabilità e la sicurezza dei Paesi di frontiera dell'Unione europea. A partire dall'Italia.

L'Europa, e in particolare l'agenzia Frontex, ha deciso di puntare su un progetto pilota per la sorveglianza marittima che ha come protagonista l'azienda statunitense HawkEye360. Lo strumento prevede una "costellazione" di satelliti la cui tecnologia rileva onde elettromagnetiche emesse da radar, transponder e telefoni satellitari e li geolocalizza. Una volta raccolti, i dati entrano a far parte della piattaforma Eurosur, una rete che mette in comune le informazioni ottenute dagli Stati membri e Frontex per migliorare la sorveglianza dei confini marittimi e terrestri.

Il sistema sembrerebbe idoneo sia per combattere il traffico di esseri umani sia per salvare naufraghi in difficoltà. Ma una denuncia da parte della ong britannica Privacy International - riportata anche da Europa Today - rischia di dimostrare alcune lacune che mettono in dubbio la sua concreta utilità.

Tutto nasce dai sospetti degli attivisti che temono che questo sistema condivida i dati con la Guardia costiera libica. Il dubbio di Privacy International è che Frontex darebbe così indicazioni specifiche su persone che stanno fuggendo dalla Libia, aiutando i rimpatri ma anche eventuali carcerazioni di eventuali rifugiati.

Sentiti da ilGiornale.it, Frontex e Commissione Europea negano di avere accordi sulla condivisione di questo tipo di dati con la Libia. L’ufficio stampa dell’agenzia europea ha specificato che "i sistemi raccolgono solo i dati di localizzazione nell'area pre-frontaliera" e che "i dati personali, se disponibili, sono limitati al numero di identificazione della nave", aggiungendo che "non vengono distribuiti al di fuori di Frontex". Dello stesso avviso Bruxelles. Una portavoce della Commissione, interrogata sul progetto della HawkEye360, ci ha risposto che l'agenzia in questo senso ha regole molto chiare: "Per scambiare informazioni derivate dai servizi Eurosur Fusion con le autorità di un paese terzo, dovrebbe essere stabilito un accordo con Frontex come parte di un accordo di lavoro o direttamente da uno Stato membro con un Paese terzo interessato. Frontex non ha accordi di lavoro di questo tipo con la Libia".

Le smentite europee sulla condivisione dei dati dei satelliti rischiano però di svelare un problema ancora più grande. Se infatti è confermato che agenzia europea e Guardia costiera libica non condividono i dati, di fatto questo sistema può intervenire solo nel momento in cui a essere inviate sul posto sono unità europee. Nel caso del Mediterraneo centrale, dal momento che Malta spesso evita di intervenire nella propria area Sar (area di ricerca e soccorso), è evidente che se i dati non sono forniti alla Marina libica, tutto rischia di essere nelle mani della stessa Frontex o dell'Italia. E l'Italia, inutile ribadirlo, ha già i propri strumenti per controllare una barca anche senza un sistema satellitare sicuramente innovativo, ma non estremamente necessario, come è quello del "falco".

A questo si aggiunge un problema politico. Un tema su cui spesso si discute in sede europea, e cioè come considerare la Libia e la sua Guardia costiera. Tripoli è un interlocutore, ma allo stesso tempo si smentisce qualsiasi condivisione di dati forniti dai nuovi satelliti.

Non si considera un Paese sicuro ma allo stesso tempo le si forniscono addestramento e mezzi proprio per svolgere i compiti di controllo delle frontiere e di intercettazione delle navi cariche di migranti. Un dubbio che la politica europea dovrà prima o poi sciogliere, dal momento che è proprio dalla Libia che si snoda la tratta di esseri umani diretta verso le frontiere meridionali dell'Ue. Con l'Italia in prima linea.

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