Lo “stato di emergenza” in vigore in Turchia dal 2016 dovrebbe cessare la settimana prossima. Ad annunciare l’imminente revoca delle disposizioni varate dal Governo di Ankara all’indomani del fallito colpo di Stato militare è stato il portavoce del Presidente Erdogan. Il Capo dello Stato, pochi giorni dopo l’inizio ufficiale del suo secondo mandato, avrebbe quindi deciso di realizzare la promessa fatta in campagna elettorale. Nei comizi di piazza, infatti, il leader Akp si era dichiarato favorevole all’abrogazione della normativa emergenziale.
Durante la conferenza stampa indetta a margine del primo Consiglio dei Ministri dall’insediamento di Erdogan, Ibrahim Kalin, portavoce del Capo dello Stato, ha assicurato che tutti i provvedimenti restrittivi saranno revocati “nella notte del 18 luglio prossimo”. Secondo il portavoce, il Presidente “non avrebbe manifestato la volontà di rinnovare le disposizioni introdotte nel 2016”. Kalin ha ribadito l’impegno dell’Esecutivo nella salvaguardia della sicurezza nazionale e ha affermato che la battaglia condotta dalle autorità contro le organizzazioni terroristiche non subirà alcuna ripercussione dalla fine dello “stato di emergenza”. Egli ha assicurato: “Dal 18 luglio in poi, la lotta all’estremismo si svilupperà con nuovi metodi, sempre più efficaci”. Il portavoce ha però precisato: “Qualora dovesse manifestarsi una nuova minaccia alla sopravvivenza della nazione, il Governo sarebbe pronto a reintrodurre la normativa emergenziale”. Soffermandosi poi sulle misure economiche vagliate dal Consiglio dei Ministri, Kalin ha garantito che gli effetti delle politiche promosse da Erdogan saranno estremamente benefici per le imprese e i lavoratori: “Il Presidente vuole il benessere delle famiglie e darà alla Turchia un futuro di prosperità e crescita”. Il portavoce ha sottolineato il fatto che, per realizzare tali obiettivi economici, il Capo dello Stato “lavorerà giorno e notte”.
Dal 15 luglio del 2016, giorno del fallito golpe militare, lo “stato di emergenza” introdotto dal leader Akp ha comportato il licenziamento di 110mila impiegati pubblici e la sospensione dai rispettivi incarichi di più di 10mila funzionari statali. I destinatari dei provvedimenti repressivi erano stati accusati di “legami con il terrorista Fethullah Gülen”. Le stesse incriminazioni sarebbero state alla base dello scioglimento di 1.300 associazioni.
Erdogan aveva allora descritto le misure straordinarie post-golpe come strumenti necessari a preservare la nazione dal “virus” dell’estremismo. In base a quanto dichiarato dal suo portavoce, il Presidente considererebbe ormai esaurita la funzione “protettiva” delle norme varate due anni fa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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