Mentre l’Australia stava sperimentando il proprio vaccino anti-Covid, si è verificata un’anomalia che ha costretto le autorità di Canberra a fermare la messa a punto dell’antidoto. Quest’ultimo avrebbe infatti reso “falsi malati di Hiv” alcuni volontari coinvolti nei test sull’efficacia del siero anti-coronavirus. Il vaccino australiano, che secondo i ricercatori sarebbe stato pronto entro la metà del 2021, era ancora nella fase 1 della sperimentazione, condotta in modo congiunto dall'Università del Queensland e dalla società biotecnologica locale Csl. Ben 216 persone avevano finora accettato di farsi iniettare campioni dell’antidoto sperimentale citato.
L’anomalia in questione, emersa sulla base di alcuni dati clinici analizzati di recente, è consistita, nel dettaglio, nel fatto che gli anticorpi generati dal vaccino hanno interferito con le diagnosi di Hiv fatte su molti volontari al medesimo siero e hanno portato di conseguenza a identificare tali persone come falsi positivi all’Aids.
A detta della stessa Csl, se non fosse stata riscontrata in tempo l’anomalia incriminata e fosse stato quindi immediatamente lanciato a livello nazionale il vaccino anti-Covid citato, quest’ultimo avrebbe provocato danni alla salute pubblica causando appunto un'ondata di falsi accertamenti di soggetti positivi ai test per l'Hiv.
Gli stessi enti promotori della sperimentazione del siero anti-coronavirus ci hanno però tenuto contestualmente ad assicurare che nessuno dei 216 volontari a cui sono state inoculate le dosi sperimentali ha finora manifestato sintomi di malattie legate al controverso antidoto, ribadendo il “forte profilo di sicurezza” posseduto dal vaccino incriminato.
Sempre l’azienda Csl ha inoltre precisato, sempre in merito alla sicurezza del siero anti-Covid da loro sperimentato: “I test di follow-up hanno confermato che non è presente alcun virus Hiv, ma solo un falso positivo su alcuni test Hiv. Non c'è possibilità che il vaccino provochi l'infezione”.
Nonostante queste rassicurazioni, il governo di Canberra ha messo bruscamente fine ai tentativi di sviluppare un vaccino nazionale anti-coronavirus. Il primo ministro federale Scott Morrison ha infatti spiegato alla stampa locale che il piano vaccinale del Paese, alla luce delle anomalie causate dall'antidoto citato, non contemplerà più la messa a punto di un siero anti-Covid di fabbricazione australiana. Proprio l’esecutivo Morrison aveva inizialmente fortemente creduto nelle potenzialità dell’antidoto sperimentato dall’ateneo del Queensland e dalla Csl, ordinando d’urgenza 51 milioni di dosi del promettente siero, nella convinzione di potere conseguire l’autosufficienza vaccinale nazionale.
Con il naufragare della prospettiva di un antidoto realizzato interamente in Australia, le autorità della terra dei canguri dovranno necessariamente rivolgersi a fornitori esteri per immunizzare la popolazione contro il Covid. Il governo federale, subito dopo l’interruzione dei test sul siero messo a punto dall’Università del Queensland e dalla Csl, si è di conseguenza già rivolto al duo americano-tedesco Pfizer-BioNTech per farsi accordare ingenti dosi dell’antidoto sviluppato da tali due aziende, che sta già venendo inoculato ai cittadini di Regno Unito, Stati Uniti e Canada.
Tuttavia, la partenza della campagna vaccinale australiana, anche con l’arrivo delle prime dosi di siero Pfizer-BioNTech, non
sarà immediata, dato che, come ha dichiarato lo stesso Morrison, quest’ultimo non sarà utilizzabile nel Paese del Commonwealth fino a quando i funzionari sanitari di Canberra non ne avranno accertato la totale sicurezza.
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