Nonostante siano passati due anni e mezzo dalla morte del finanziere pedofilo Jeffrey Epstein, il suo presunto suicido fa ancora discutere. Il New York Times ha ottenuto 2000 pagine redatte dal Federal Bureau of Prisons, da cui emergono diversi particolari degli ultimi giorni di vita di Epstein. Il quadro che emerge dagli esclusivi documenti della prigione di Manhattan in cui era detenuto il magnate, è di un uomo che non aveva alcuna intenzione di togliersi la vita, come avrebbe detto lui stesso agli psicologi del carcere.
Jeffrey Epstein, arrestato per aver abusato per anni di ragazze minorenni, accusato di traffico della prostituzione, nel quale erano coinvolti importanti personalità, non si sarebbe mai suicidato il 10 agosto 2019. La teoria che Epstein sia stato ucciso ha iniziato a circolare subito dopo la sua morte, ed è stata portata avanti con fermezza dai familiari dei magnate e dai suoi avvocati. Ma i documenti resi ora pubblici dal Times rivelano come il ricco uomo d’affari abbia mentito agli psicologi fino all’ultimo.
Secondo quanto raccolto durante la sua permanenza nel carcere, Epstein aveva già tentato il suicidio alla fine di luglio, quindi era stato posto sotto stretta sorveglianza. Ma dopo pochi giorni gli psicologi avevano deciso di passare ad una misura più blanda, l' “osservazione psicologica”. Ma perché allentare le misure di sicurezza su un soggetto ritenuto a rischio vita, i cui crimini gli avrebbero fatto sicuramente trascorrere il resto della vita dietro le sbarre? Il Nyt evidenzia come l’abile natura manipolatoria di Epstein abbia ingannato gli inquirenti e gli psicologi della prigione, accusandoli di negligenza.
“Non ho interesse nel suicidarmi”, avrebbe riferito Epstein durante un colloquio con uno psicologo. “Sono un codardo, non farei mai questo a me stesso”, si legge nei documenti. Gli psicologi raccontarono che il magnate “guardava al futuro”, e che avrebbe persino definito “divertente” vivere, anche se in carcere. Definito dagli psicologi un soggetto psicopatico, Epstein negava di essere un predatore sessuale. Era dunque un mentitore seriale, in grado di raggirare chiunque avesse di fronte. Dopotutto, aveva basato tutta la sua vita sulle menzogne e sui ricatti. Da semplice ragazzo di Coney Island era riuscito a diventare uno dei più abili e spregiudicati uomini d’affari degli Stati Uniti. Pur non avendo le competenze, a Jeffrey Epstein chiedevano consigli multi milionari e persino capo di Stato. Amico di Bill Clinton, della famiglia Gheddafi, e del principe Andrea d'Inghilterra, Epstein era riuscito a raggiungere le più alte vette del potere.
Nei documenti ottenuti dal Nyt si evince che in 36 giorni di carcere, Epstein “non mostrò alcun segno di stress emotivo" e di aver addirittura affermato che stava vivendo “una vita meravigliosa”. Si lamentava della tuta arancione da carcerato che era costretto ad indossare, come se lui fosse migliore degli altri prigionieri. Si legge nelle carte che offriva consigli finanziari agli psicologi e ai compagni di cella e che spesso amava ricordare il suo status sociale. Vengono poi evidenziati gli errori commessi dal personale carcerario, “raggirato” dal milionario, il quale aveva creato l’illusione di non avere pensieri suicidi, fino alla notte del 10 agosto, quando fu trovato impiccato nella sua cella. Quella notte i due agenti preposti alla sua sorveglianza si addormentarono, e proprio la mattina prima del suicidio, il compagno di cella di Epstein fu spostato, lasciandolo da solo.
È difficile credere che siano solo coincidenze e che uno degli uomini che avrebbe potuto rivelare al mondo i più intimi segreti di alcuni degli uomini più potenti al mondo
si sia suicidato, ma l’indagine svolta dal Nyt mette in luce, tuttavia, come le capacità manipolatorie di Epstein, unite alla negligenza del personale carcerario, abbiano potuto condurre l’uomo a togliersi la vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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