Israele, per il terzo giorno di fila scoppiano scontri sulla Spianata

Preoccupazione nel mondo musulmano. Hamas: "È come una dichiarazione di guerra". E Erdoğan chiama in causa l'Onu

Fumogeni nella città vecchia di Gerusalemme
Fumogeni nella città vecchia di Gerusalemme

I commenti arrivano da ogni lato del mondo musulmano e il tono è quantomeno preoccupato. Per il terzo giorno consecutivo proseguono gli scontri sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme, con la polizia israeliana che questa mattina ha fatto irruzione nell'area della moschea di al-Aqsa, arrestando due palestinesi.

È il portavoce delle forze dell'ordine, Luba Samri, ad aggiungere che cinque poliziotti sono rimasti feriti nell'operazione, contro un gruppo di manifestanti che lanciava pietre e petardi, impedendo l'accesso all'area, ritenuta un luogo sacro tanto dai musulmani quanto dagli ebrei, dove però questi ultimi non possono pregare.

Il raid della polizia è il secondo in pochi giorni, dopo un primo intervento domenica, alla vigilia di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. La tensione a Gerusalemme resta molto alta e lo si capisce bene leggendo le dichiarazioni Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas che parla di "una dichiarazione di guerra" resa palese dalla "escalation sulla Spianata", mentre l'Iran pensa a un incontro d'emergenza dei Paesi della Cooperazione islamica.

Ma non sono soltanto gli islamisti di Gaza e Teheran a farsi sentire. La situazione preoccupa il presidente palestinese Abu Mazen, che è sicuro ci saranno "serie conseguenze" se non tornerà la calma. Il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir accusa il "nemico sionista" di voler "impadronirsi" della Spianata, mentre il presidente turco Erdoğan chiama in causa le Nazioni Unite, a difesa della "santità" della moschea di al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell'islam, dopo Mecca e Medina.

Questa mattina, ricostruisce la polizia israeliana, un gruppo di palestinesi ha cercato di bloccare il ponte Mughrabi, l'accesso alla Spianata per i visitatori non di fede

musulmana, erigendo barricate. Il re di Giordania, Abdullah II, ha dichiarato di credere poco alle parole concilianti del governo israeliano. "Sono rassicurazioni che abbiamo già sentito il passato".

@ACortellari

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