C'erano nove candidati in gara per le elezioni presidenziali in Turkmenistan, ma otto di questi non erano altro che opposizione simbolica al potere incontrastato di Gurbanguly Berdymukhamedov, che dalle urne ha ottenuto il 98% delle preferenze, con un'affluenza che ha sfiorato la totalità della popolazione votante.
Funzionari pubblici, manager di compagnie gestite dallo Stato, politici nominati da partiti in nulla distanti dalle posizioni del presidente. Questo è il ritratto dell'opposizione che Berdymukhamedov ha dovuto affrontare, di fatto inesistente.
Inizia così il terzo mandato per l'autocrate centrasiatico, che si è assicurato negli scorsi anni la possibilità di continuare a fare il bello e il cattivo tempo ad Ashgabat, eliminando i limiti d'età previsti per la carica che ricopre e poi alzando da cinque a sette anni la durata del mandato.
Poco di cui stupirsi, se già gli osservatori si aspettavano una maggioranza bulgara per il 49enne presidente, che da un decennio guida le sorti dell'ex repubblica sovietica, dopo avere preso il posto di Saparmurat Niyazov, che lasciò il suo incarico nel 2006, per un'unica ragione: la morte.
Mentre i cinque milioni di abitanti del Paese confermavano Berdymukhamedov, da Reporter senza frontiera un allarme su "una stretta senza
precedenti" su quel poco di giornalismo indipendente che ancora è rimasto nel Paese. Il Turkmenistan è al 178° posto (su 180) nella classifica mondiale della libertà di stampa stilata, "superato" solo da Corea del Nord ed Eritrea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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