Rimane alta la tensione nel sud-est dell’Ucraina e rimane alta la tensione Usa-Russia. A una settimana della tregua sancita dagli accordi di Minsk, i ribelli hanno conquistato la città di Debaltseve, strappandola all’esercito di Kiev, che ha battuto in ritirata.
Di tregua vera e propria non si può parlare, perché in questi giorni si è continuato a sparare e a morire. Nella stessa città del Donbass, secondo le autorità ucraine, sono morti 179 soldati, mentre 110 sono stati fatti prigionieri e 81 sono dispersi. L’avanzata dei filorussi continua ed è sempre guerra. E l’Occidente, con gli Stati Uniti in prima fila, punta il dito contro Vladimir Putin, reo di sostenere militarmente i separatisti, che ora hanno creato un cordone di collegamento tra Luganks e Donetsk grazie alla presa di Debaltseve.
John Kerry, Segretario di Stato americano, si è incontrato ieri a Londra con il ministro degli Esteri britannico e ha minacciato Vladimir Putin con nuove sanzioni commerciali. Kerry ha definito “inaccettabili” le azioni della Russia sul territorio ucraino in relazione al land-grabbing di cui sarebbe protagonista Mosca, mentre ufficialmente dichiara di sostenere gli sforzi per mantenere la pace.
Washington accusa inoltre Mosca di aver inviato truppe oltre al confine per sostenere i ribelli impegnati contro l’esercito ucraino. Accuse non nuove, dalle quali Putin si è sempre difeso sostenendo la propria estraneità al coinvolgimento diretto di soldati russi.
Fatto sta che la Casa Bianca, di comune accordo con gli alleati europei, sta pensando a sanzioni supplementari: “Se si prosegue così, in questo modo, vi saranno altre conseguenze che aggiungeranno guai alla già compromessa economia della Russia” ha detto Kerry, che poi ha parlato della concreta possibilità di inviare armi a Kiev: “Nei prossimi giorni, il presidente Obama valuterà le scelte che si trova davanti e prenderà una decisione. Confido che alcuni passi ulteriori saranno presi relativamente alla rottura del coprifuoco”. Una mossa peraltro caldeggiata dal Congresso: nei giorni scorsi una lettera firmata – tra gli altri – dal repubblicano John McCain, chiedeva alla presidenza di inasprire le penalità e fornire materiale bellico alle forze governative per fronteggiare le velleità espansionistiche del Cremilino.
Mosca risponde. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, commenta l’eventuale ed ulteriore inasprimento delle punizioni economiche definendole “assolutamente non di aiuto a una soluzione della situazione del sudest dell’Ucraina”. Intervistato dall’emittente radiofonico Eco di Mosca, ha dichiarato: “La Russia è molto concentrata nell’applicazione degli accordi di Minsk. Saluteremmo con piacere un impegno analogo degli Stati Uniti e dell’Europa” per chiudere etichettando le sanzioni come “un’idea fissa, secondo cui a qualcuno si deve sempre far pagare un prezzo”.
Nel frattempo, dopo un primo scambio di prigionieri (secondo quanto previsto sempre dall'armistizio) e l'accordo sul ritiro degli armamenti pesanti dalle zone calde, c'è stata un'esplosione durante la marcia per la pace a Charkiv: il bilancio è incerto, ma il ministero dell’Interno
ucraino parla di 2 morti e di 10 feriti, bollando il fatto come “atto terroristico”. Si stava festeggiando il primo anniversario delle rivolte popolari che portarono alla destituzione di Viktor Yanukovych dalla presidenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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