Correrà più veloce l'Europa infreddolita e affamata d'energia o il prezzo del gas? Fin qui sembrerebbe non esserci partita. Le quotazioni del gas sono decollate fin dalla metà del 2021 quando la Cina salutata la pandemia è tornata alla produzione. Ma nel frattempo Bruxelles è rimasta al palo. Il tutto mentre la guerra in Ucraina e i tagli di Mosca hanno decuplicato i prezzi del gas e vanificato le sanzioni garantendo alla Russia un surplus da 265 miliardi di dollari secondo solo a quello cinese. In tutto ciò l'Unione europea ha preferito ignorare l'emergenza nel nome delle libertà di mercato. Rifiutandosi di ammettere che il decantato «mercato» altro non è se non la borsa titoli di Amsterdam su cui si formano le quotazioni presenti e future del metano (Ttf Title Transfer Facility). Un «mercato» avvelenato diventato terreno di caccia preferito per speculatori senza scrupoli pronti ad affossare famiglie e aziende europee. Ma neppure il risveglio evocato la scorsa settimana da una Ursula Von der Leyen, sorda fin lì ai richiami lanciati mesi prima da Mario Draghi, sarà in grado di salvarci dalla carestia energetica.
La prima discussione concreta sul price cap, il tetto al prezzo del gas, arriverà solo durante la riunione dei ministri dell'energia di venerdì. Da lì ben difficilmente usciranno soluzioni pratiche. Per un abbozzo di concretezza bisognerà attendere il 14 settembre quando la presidente della Commissione pronuncerà il discorso sull'Unione. Ma anche da lì arriverà al massimo una proposta. Probabilmente persino datata. Perché mentre l'Europa dormiva il metano, oltre a toccare quotazioni astronomiche, ha anche smesso di arrivare al terminal tedesco di Nord Stream. E da quanto fa capire il Cremlino continuerà a non affluire se l'Europa non toglierà le sanzioni a Mosca. Tutto questo, oltre a ridurci letteralmente alla canna del gas, vanificherà il tanto invocato e tardivamente desiderato price cap. Il tetto al prezzo ipotizzato fin qui da Bruxelles riguarda, infatti, solo e soltanto il gas fornitoci dalla Russia. Ma se quel gas non arriverà più, la risposta europea risulterà oltre che tardiva, anche inutile. Questo, però, sarebbe il meno. Il peggio continueranno a garantircelo gli speculatori di Amsterdam. Sfruttando il taglio del gas russo e invocando la legge della domanda e dell'offerta potranno continuare a far decollare i prezzi del metano vendutoci da Azerbagian, Stati Uniti, Algeria, Egitto e Norvegia. Un lavoro sporco, ma efficientissimo le cui conseguenze si sono già viste alla riapertura dei mercati di ieri quando l'annuncio della mancata ripresa delle forniture di Gazprom è stata salutata da un'impennata dei prezzi del 28%.
Un effetto reso ancor più micidiale dalla caduta dell'euro che scendendo sotto la parità con il dollaro rende ancor più salata la mazzata speculativa. Dunque l'unica soluzione per affrontare con mezzi efficaci una situazione da vera e propria guerra sarebbe quella di bloccare la fonte delle speculazioni e imporre il price cap alla stessa borsa di Amsterdam. Ovvero dare un calcio sia a una libertà di mercato diventata eccessiva e perniciosa, sia a un'Olanda decisa a non rinunciare ai profitti marginali delle transazioni. Ma scordiamocelo.
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