Nessun giornalista ha mai parlato con un detenuto di Guantánamo, il campo di prigionia americano aperto dopo gli attentati dell’11 settembre. Ma ora Mohamedou Ould Slahi ha parlato al mondo. E lo ha fatto con un libro. Mohamedou è ancora detenuto, nonostante un giudice federale degli Stati Uniti abbia ordinato il suo rilascio. Nel frattempo, attraverso i suoi avvocati, è riuscito a pubblicare Guantánamo Diary, che parla della sua esperienza in una delle prigioni più malfamate al mondo.
Le sue parole danno un volto umano ai presunti “terroristi” che il governo americano ha rinchiuso a Gitmo, più di 750 dal 2001. Almeno sette sono morti sotto custodia. Molti sono stati spostati in altre prigioni. Centoventidue rimangono. Le torture che Mohamedou descrive ricordano quelle subite sotto la Dittatura dei Colonnelli in Grecia o sotto Pinochet in Cile. Sevizie, molestie sessuali, minacce di morte, pestaggi. Mohamedou dice di essere stato bendato e costretto a bere acqua salata, lasciato a lungo senza cibo e acqua, tenuto sveglio tutta la notte, costretto ad ascoltare a ripetizione fino alle cinque del mattino la canzone Bodies dei Drowning Pool, un gruppo metal.
La sua storia comincia negli anni Novanta, quando Mohamedou, originario della Mauritania, lasciò la Germania, dove studiava ingegneria, per unirsi al gruppo di Al Qaeda, che allora era sostenuto dagli Stati Uniti nella resistenza contro il governo comunista di Kabul. Nel 1992, Mohamedou tornò in Germania per completare gli studi. Ma nel novembre 2001, venne arrestato con l’accusa di aver reclutato piloti per l’attentato dell’11 settembre e di essere dietro il fallito attentato all’aeroporto di Los Angeles nel gennaio 2000, il cosiddetto Millennium Plot. Senza che la sua famiglia fosse avvertita, dalla Mauritania, la CIA lo portò in Giordania, da lì a Bagram, in Afghanistan, infine a Guantánamo, dove arrivò il 4 agosto 2002.
Da allora, Mohamedou è stato rinchiuso a Gitmo. Gli Stati Uniti non l’hanno ancora accusato di nessun crimine, ma l’ordine di rilascio è stato contestato in tribunale dal governo. E Mohamedou rimane dietro le sbarre. Uno dei suoi avvocati, Hina Shamsi, dice che il libro dà un volto ai prigionieri di Guantánamo, che sono stati “disumanizzati” dall’inizio della guerra al terrore, rendendo così giustifiche le torture più orribili, dichiarate illegali dalla Convenzione di Ginevra. Mohamedou descrive la sua esperienza con senso dell’umorismo. Parla d’interrogatori paradossali, in cui chiede ripetutamente, “Perché sono qui?” e ripetutamente gli viene risposto, “Non lo so. Dimmelo tu”. Parla di una guardia che si dichiara un repubblicano convinto e afferma che esistono due tipi di persone, gli americani bianchi e tutti gli altri. E racconta di altre guardie che durante gli interrogatori volevano essere chiamate con i nomi dei personaggi di Guerre Stellari.
Durante la lettura di alcuni pezzi lunedì sera, al Theater 80 a New York, il pubblico non riusciva a non ridere alle descrizioni di situazioni inverosimili. Ma era un riso con le mani fra i capelli. Mohamedou ha scritto il libro nel 2005. È stato poi requisito dalle guardie come documento classificato. Ci sono voluti sei anni di negoziati da parte dei suoi avvocati per ottenere la pubblicazione, dopo un’attenta revisione delle autorità americane. Il testo tutt’oggi non contiene nomi o descrizioni specifiche di guardie o posti. Molte volte, il testo è oscurato da una spessa linea nera. La pubblicazione segue di pochi mesi l’uscita del rapporto del Senate Intelligence Committee che he confermato le torture perpetrate dalla CIA a Guantánamo contro almeno 119 sospetti terroristi dopo l’11 settembre. Fra le torture rivelate dal rapporto, c’è la pratica illegale del “waterboarding”, una simulazione di annegamento che prevede il versamento di acqua gelata su un asciugamano poggiato sulla faccia. Alcuni detenuti sono stati sottoposti a tecniche mediche ritenute non necessarie, come la “alimentazione e idratazione per via rettale”.
Il rapporto ha creato scandalo negli Stati Uniti e in molti continuano a chiedersi quanto ancora bisognerà aspettare prima che il presidente Barack Obama si decida a chiudere Guantánamo, come annunciato nel 2009, subito dopo la sua elezione. “I duri metodi utilizzati dalla CIA sono contrari e incompatibili con i valori del nostro Paese,” ha detto Obama dopo la pubblicazione dell’investigazione del Senate Intelligence Committee. Ma il mancato rilascio di prigionieri come Mohamedou, detenuti senza essere formalmente accusati di un nessun crimine, fa domandare quanta volontà ci sia di chiudere Gitmo una volta per tutte. Obama ha il potere di agire, ma continua a fare appello perché alcuni detenuti non vengano rilasciati. Cinquantaquattro sono nella stessa situazione di Mohamedou.
Secondo Larry Siems, scrittore e attivista per i diritti umani che ha lavorato alla pubblicazione del libro Guantánamo Diary, la chiusura di Gitmo arriverà solo e quando il popolo americano la richiederà a gran voce. La spinta deve arrivare dal basso, alimentata dall’indignazione dell’Occidente contro le peggiori tecniche di tortura che non si addicono agli Stati Uniti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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