Una strage nelle moschee sciite, messa a segno venerdì da uomini legati al sedicente Stato islamico è l'ultimo, efferato atto di violenza in un Paese, lo Yemen, che dallo scorso ottobre, da quando i ribelli houti hanno preso il controllo della capitale, è attraversato da violenze e funestato da attentati suicidi.
Una situazione da tempo ingestibile e che sembra con sempre maggiore chiarezza dirigersi verso la prospettiva di una guerra civile, che ha spinto gli Stati Uniti ad abbandonare il Paese, evacuando gli uomini che ancora si trovavano sul posto, compresi cento soldati delle forze speciali, mentre le milizie houti prendevano il controllo dell'aeroporto di Taiz, terza città yemenita.
I miliziani, vicino al deposto presidente Ali Abdullah Saleh, ma anche all'Iran, hanno occupato lo scalo aereo e il movimento di truppe da Dammar verso Taiz, città a maggioranza sunnita, sembrerebbe annunciare - spiega Al Arabiya - un tentativo di prendere il controllo di tutta la città.
Le milizie hanno preso il controllo anche della base militare delle forze speciali. Un gruppo di abitanti della città, uscito in strada per protestare, è stato accolto con le armi spianate dagli houti, che hanno aperto il fuoco per disperderli.
In un intervento televisivo, il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi
ha ribadito di essersi spostato nella città di Aden per necessità e di non voler dare il via a una partizione dello Yemen. "Conosco la fatica del popolo yemenita - ha detto - e il loro desiderio di sicurezza e stabilità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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