Stava male, ma nessuno si è preso cura di lui in modo adeguato. Fino alla sua morte, avvenuta il 26 novembre del 2009 nel carcere di Regina Coeli. Simone La Penna era un giovane detenuto di Viterbo la cui storia somiglia in modo impressionante a quella più nota di Stefano Cucchi, deceduto un mese prima di lui nel reparto giudiziario dell'ospedale Pertini. Tutti e due con problemi di droga, tutti e due considerati evidentemente «detenuti di serie B», lasciati morire mentre erano affidati allo Stato. La consulenza disposta dal pm Eugenio Albamonte - che ha messo sotto inchiesta sette persone tra medici e infemieri del penitenziario romano con l'accusa di omicidio colposo - ha stabilito che il personale sanitario avrebbe delle responsabilità nella morte di Simone, 32 anni, che a Regina Coeli stava scontando una condanna definitiva per spaccio di stupefacenti. In passato il giovane aveva sofferto di anoressia. Dopo l'arresto aveva ricominciato a stare male fino a perdere trenta chili in poche settimane. Era stato anche ricoverato al Pertini per il grave stato di denutrizione in cui versava, ma dopo due giorni era stato rispedito in cella. Dove non sarebbe dovuto stare.
Come ha sottolineato l'esperto a cui si è affidata la Procura: a causa delle sue precarie condizioni di salute Simone andava trasferito in una struttura idonea a curarlo. Invece è rimasto in carcere, dove è stato stroncato da un arresto cardiaco provocato da squilibrio elettrolitico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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