Milano - Anche in un utopistico, irrealizzabile, e forse nemmeno tanto auspicabile mondo di uguali (sai la noia mortale!), ci sarebbe sempre qualcuno più uguale degli altri. Di certo, in una ben più terrena democrazia come quella italiana, esiste comunque chi viene puntualmente considerato più democratico dei suoi simili. Basta che si collochi a sinistra e gli sarà consentito tutto. Anche una politica di destra. Di più. Perfino scelte forcaiole. Quelle che se decise e attuate da altri, della sponda politica avversa, verrebbero coperte da vituperio e da una corale, indignata riprovazione. È successo. Succede. Succederà ancora.
Succede per esempio a Sesto San Giovanni, antico baluardo rosso di quella che fu la cintura industriale milanese. Succede che proprio lì, nell'ex Stalingrado d'Italia, a due passi dalla stazione ferroviaria, ieri mattina alle 8.30 sia stato dato il via alla costruzione di un muro. Un muro anti-rom voluto dall'amministrazione comunale di sinistra guidata da Giorgio Oldrini. Più che di un muro si tratta di una barriera di cemento armato e rete grigliata, lunga 400 metri e alta tre. Qualcosa che nelle intenzioni dovrebbe tenere lontani gli zingari dai portafogli e dalle altre proprietà dei sestesi. Succede inoltre che all'alba, due ore prima dell'avvio ai lavori, i nomadi siano stati fatti sloggiare da quell'accampamento abusivo additato da anni dai cittadini di ogni colore politico come una minaccia alla propria sicurezza.
Sicurezza, appunto. La parola è questa. Perché è proprio ai fondi voluti e destinati dal governo Berlusconi per riportare in condizione di legalità le aree degradate del Paese, che ha legittimamente attinto anche l'amministrazione di sinistra di Sesto San Giovanni. Dove sono presenti in giunta, udite udite, anche i compagni di Rifondazione comunista. Insomma, quella politica di «tolleranza zero» contro l'illegalità, che tanto scandalo solleva a sinistra quando a proporla è per esempio il vice sindaco milanese del centrodestra, Riccardo De Corato, passa invece inosservata se ad attuarla è
un'amministrazione di compagni. Loro democratici. Lui (De Corato) qualcosa di innominabile, collocabile più o meno alla destra di Hitler.
Era peraltro già successo, avevamo ricordato poc'anzi. Era successo una prima volta a Padova, dove il 9 agosto 2006 l'amministrazione di centrosinistra guidata dal sindaco Ds (oggi Pd), Flavio Zanonato, aveva fatto innalzare una recinzione metallica di 80 metri per tre in via Anelli, nella prima periferia cittadina. Tale era stato l'impatto visivo e psicologico, che lo avevano chiamato «muro». Lo scopo, peraltro assolutamente meritorio, era stato quello di tutelare gli abitanti dell'adiacente via De Besi (nonché la loro sicurezza e le rispettive proprietà) dalla minacciosa e pericolosa colonia di spacciatori di droga maghrebini che avevano trasformato da anni quell'angolo della città veneta - proprio la città del Santo! - in una terra di nessuno. O meglio, in una terra che era diventata esclusivamente loro. Una repubblica indipendente dove l'unica legge era ormai soltanto quella del commercio del veleno bianco. Con i suoi immancabili corollari: violenza e intimidazione.
Rovistando nella memoria e nei vecchi taccuini da cronista, ritorna poi a galla un altro episodio analogo. L'area è ancora il Veneto, l'anno è sempre il 2006 e perfino l'amministrazione comunale in questione è puntualmente di centrosinistra. Amministrazione dal polso fermo, incline alla tolleranza zero. Era quella guidata dal sindaco Luigi Dalla Via, della Margherita, al governo della cittadina di Schio in compagnia di Ds, Verdi e di una lista civica. L'unica differenza era che rispetto ai reticolati - o «muri» che dir si voglia, innalzati cioè verso il cielo - a Schio si era scavato. Un fossato lungo 200 metri, profondo uno e largo 70 centimetri per impedire che in quell'area di zona industriale tornassero a installarsi indisturbate le roulottes degli zingari.
La notizia è che il sindaco Dalla Via è stato rieletto dai suoi cittadini nel giugno 2009, pur in un Veneto abbondantemente tinto di verde Lega. Perché se è la giunta di sinistra che traccia il solco, è l'elettore (anche lui di sinistra) che poi lo difende.
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