Il museo si rifà il trucco in attesa del trasloco

La Pinacoteca di Brera compie duecento anni e per l’occasione il museo si rifà il lifting: dipinge le sale, rinforza le luci, cambia gli allestimenti e aggiunge nuove opere finora rimaste nei depositi. Il tutto alla vigilia del suo trasferimento all’ex distretto militare di via Mascheroni, in attesa della grande ristrutturazione della scuola e del museo.
La Pinacoteca di Brera dunque si tinge le pareti di azzurro e di giallo, come ha deciso il sovrintendente Sandrina Bandera. Ma soprattutto prende corpo il progetto di ampliamento e di ristrutturazione che comprende anche i suoi futuri percorsi: «Il progetto è ambizioso e va ad integrarsi con i lavori di recupero della scuola d’arte, dei portici, della biblioteca e del cortile. La pinacoteca si amplierà fino a raggiungere gli spazi del piano terreno e andrà a incastrarsi negli spazi della scuola», spiega l’architetto Marco Albini. Un progetto che il Ministro ai Beni Culturali, Sandro Bondi, ha voluto valutare indicendo un concorso internazionale. Albini vede chiaro: «La Pinacoteca manca di depositi, di laboratori di ricerca e restauro e delle attrezzature di servizio come caffè, ristoranti, book-shoop, guardaroba. È una vergogna che a Palazzo Reale il ristoro sia stato chiuso. In tutti i musei del mondo questi spazi esistono e sono funzionanti, dal Louvre alla British, dal Moma fino a Palazzo Grassi a Venezia, guarda caso gestito dai francesi. Il mio studio ha proposto anche collegamenti con la città, ad esempio con il giardino botanico collocato di fronte all’Accademia: un gioiello voluto da Napoleone, ora chiuso». In anticipo sulle celebrazioni dunque, in quanto Napoleone inaugurò la Pinacoteca il 15 agosto 1809, le sue sale da grigio spento diventano gialle e blu, in modo da valorizzare i dipinti attraverso questi contrasti cromatici di fondo. E arriveranno da altre capitali, già nei prossimi giorni, altre opere, mentre molti dei dipinti già presenti godranno di una nuova collocazione, più favorevole e scenografica. Chi entrerà in questo «tempio dell’arte» - uno tra i principali al mondo - avrà un impatto diverso già a partire dall’ingresso. Qualche esempio. Nella sala 19, dedicata agli allievi di Leonardo, si incontra una «Madonna e Santi» di Bernardo Zenale, «Lo schermo di Cam» di Bernardino Luini, giunto dai depositi. È possibile ammirare «Lo sposalizio della Vergine» di Raffaello in via di restauro in una gabbia di vetro. Le sale del ’600, tinte di giallo scuro, ospitano quadri di Rubens, Caravaggio e dei grandi maestri lombardi. Nell’ultima parte del museo sono collocate le opere del ’700 e dell’800; qui i colori si fanno azzurro chiaro, non più blu intenso come per le pareti leonardesche, per introdurre la stanza del Tiepolo, di colorazione più morbida e tonalità vicina al beige. Si ritorna al blu, invece, nella sala di Hayez: «Il bacio» richiede infatti un tono cupo e deciso, per esaltare i contrasti. Sorprese anche all’uscita, dove è esposto il ritratto della saronnnese Giuditta Pasta, considerata una delle maggiori cantanti liriche dell’800, di Giuseppe Molteni.


All’illuminazione ci ha pensato il Comune: si attendono comunque sponsor per poterla armonizzare e perfezionare, secondo uno schema definito. A piano terra verrà anche ricollocato un grande gesso raffigurante Napoleone Bonaparte del Canova appena restaurato. Tuttavia, nessuna mostra-evento è in programma, perché non c’è spazio espositivo a sufficienza.

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