Su quanto avvenuto sabato sera sul palco di Sanremo mi ero ripromessa di non intervenire. Sono una religiosa, certe cose non le posso capire, non conosco come va il mondo, la mia prospettiva è limitata dalle mura anguste del mio convento e dal velo che mi copre la testa. Ci mancherebbe. Poi, però, mi hanno fatto cambiare idea i commenti che ho letto su quei fatti. Allora, con un pochino di superbietta che sicuramente confesserò alla prima occasione, mi sono detta che qualcosa di un pochino più intelligente l’avrei potuta dire anch’io. Ed eccomi qui.
Prima considerazione: il fine non giustifica i mezzi. E’ bene ricordarsi di questa massima. Sempre. Difendere un diritto è giusto ed è un dovere, farlo ricorrendo a pose o ad atteggiamenti che possono colpire la sensibilità dei più, è sbagliato.
Seconda considerazione: il Festival di Sanremo è una straordinaria manifestazione, unica al mondo. Sono cresciuta aspettando Sanremo. Ricordo l’esodio di Laura Pausini, di Giorgia, Nek e tanti altri sul palco dell’Ariston. Ricordo che terminato il Festival chiedevo a mia madre di procurarmi la cassetta con le canzoni del Festival da ascoltare quando si andava in pullman, con gli amici. A Sanremo poi faceva eco, durante l’estate, il Festivalbar, con le due serate finali trasmesse su Italia 1 dall’arena di Verona, a metà settembre. Era la fine dell’estate, il giorno dopo si sarebbe tornati a scuola. L’amarezza del ritorno fra i banchi era mitigata dai commenti sull’esibizione di Biagio Antonacci o di Max Pezzali. Il pubblico di Sanremo abbraccia tutte le età: dal ragazzino al nonno che vuole ascoltare la musica dei nipoti. Il tutto, ricordiamolo, a spese del contribuente. Mi chiedo: perché un simile evento deve dare spazio ad esibizioni che richiamano più che un festival immagini da attori pornografici? Liberissimi questi ultimi di svolgere la loro attività e liberissime le persone di vedere le loro produzioni. Ci mancherebbe. Ma in prima serata, su RAIUNO, al Festival, proprio è tutto fuori luogo.
Terza considerazione: smettiamola con il pietismo. Considero dovere di ciascuno lottare contro ogni forma di discriminazione. Da docente, se vengo a sapere che un ragazzino, di tutte le età, è stato chiamato “gay” (con termini ovviamente più coloriti) con il tentativo di insultarlo, chiamo fuori dalla classe chi si è permesso di farlo e gli faccio capire, con toni accalorati, che la cosa è assolutamente sbagliata e che non si deve ripetere. Dall’altra parte, se un ragazzino, di qualsiasi età, si presenta a scuola, poniamo, con il boa di piume attorno al collo, glielo farò togliere esattamente come farei cambiare i pantaloni strappati ad un suo compagno: la ragione è la stessa: l’inadeguatezza al contesto e al rispetto per la propria persona. Occorre essere educatori, occorre essere coraggiosi. Mi rivolgo alle associazioni che si occupano della difesa dei diritti degli omosessuali: ma voi volete che i vostri diritti siano difesi in questo modo? Volete essere scambiati per fenomeni da baraccone, come se foste una categoria protetta, una razza di animali in via di estinzione? No, non lo posso e non lo voglio credere. Fermiamoci tutti. Non è possibile che tutto sia ridotto all’eccesso, alla presunta libertà di espressione, al gusto per la polemica priva di qualsiasi senso.
La nostra Costituzione dichiara il rispetto per ogni persona, ne garantisce i diritti, condanna qualsiasi forma di discriminazione. E la difesa del diritto la si fa ogni giorno, compiendo ognuno il proprio dovere: sono un insegnante e vedo che un mio studente è oggetto di insulti per il suo orientamento? Non mi giro dall’altra parte, intervengo. Sono un impiegato e sento che un mio collega è oggetto di battute inappropriate, intervengo e lo difendo. La difesa di un diritto passa dalle scelte quotidiane del singolo cittadino, non dal gesto eclatante ed estemporaneo. Chiedo a tutti i cittadini, chiedo alle Istituzioni, ai diversi settori della cultura e dell’intrattenimento di creare una nuova sensibilità.
“Il vostro dire sia sì, sì, no, no. Tutto il resto viene dal Maligno”. Non sono bacchettona. Ma se essere bacchettona vuol dire avere buon gusto e senso della dignità della persona, allora sì, mi glorio di essere bacchettona. Anzi la peggiore e la più agguerrita delle bacchettone.
E’ ora di finirla con il politicamente corretto: il diritto va riconosciuto, garantito e difeso. Senza se e senza ma. Il resto è un’inutile tentativo di strumentalizzare e di farsi pubblicità da parte di chi è interessato più a se stesso che agli altri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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